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“Una maschera per nascondersi, una per mostrarsi. In un intrigante gioco di specchi…”. Una frase che potrebbe benissimo fungere da incipit del romanzo dell’esordiente Rita Bignante. Senza sedurre è un titolo già di per sé dai molteplici risvolti, a seconda della prospettiva dalla quale lo si vuole interpretare. Mano a mano che ci si addentra nella vicenda che scorre rapida come un film dalle cadenze morbide e vellutate, favorita in ciò dalle descrizioni di luoghi e ambienti in cui la Natura prevale sul movimento dei protagonisti, ci si rende conto come la storia si consolidi e metta in risalto quella “doppia faccia” tipica della maschera ma anche, come giustamente fa rilevare Stefano Mecenate nella sua prefazione, “…come metafora di una identità complessa e composita alla quale non è sufficiente, per completarsi, il suo volto abituale”. Ed è proprio su questi due livelli che poggia tutto (o gran parte) il romanzo: l’amore e l’amicizia. Amore e amicizia intesi come espressione di sentimenti e di lievi , impercettibili sussurri di anime sensibili. E’ su questa sorta di particolare gioco intrinseco e spirituale che l’Autrice fa danzare i suoi personaggi fra i quali si insinua fino ad ergersi come protagonista la figura di questo anonimo “Apollo” che dà al romanzo un senso enigmatico e misterioso. Solo nelle ultime battute si rivela e viene a galla il leit motiv che ha accompagnato e tenuto sulle corde il lettore più attento. Esordire nel campo del romanzo è cosa difficile, ancor più se la vicenda va a toccare risvolti dove malizia e candore sembrano fondersi in un tutt’uno per dare risalto all’azione, senza peraltro minimamente sconfinare, come spesso accade, nel facile campo del morboso e del torbido. Rita Bignante invece, dà un senso alla sua storia con tratti leggeri, come può fare il pittore davanti a un paesaggio sfumato o di fronte al tramonto del sole nelle calme acque del mare. Sfumature, più che tracce, questa è la caratteristica dello scrivere della Bignante che con grazia e perizia ci conduce a scoprire i tanti veli (ben più di quelli di Sherazade!) che avvolgono l’animo umano. Un romanzo, infine, che più che nell’azione di per se stessa, dà spazio al sottile gioco delle luci e delle ombre per lasciare intuire ciò che è “ancora bene” da quello che, invece, è “già male”, ma senza sconfinare in perdite di stile e in facili ambigui e ingannevoli sconfinamenti. Un libro ben scritto, pulito, senza particolari fronzoli né alla ricerca di effetti speciali, ma che mette in evidenza la passione e la cultura dell’Autrice per le materie a lei più congeniali e alle quali è anche emotivamente e spiritualmente legata: l’archeologia, la storia e la musica. E se il buon giorno si vede dal mattino…
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Pubblicato il 2011-06-08 02:43:44.
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