Analisi e fatti sociali
Il ruolo del “ femminile “ nella cultura e negli studi delle diverse culture
L’Iran è uno stato molto lontano da noi per cultura, tradizioni, usi e costumi.
La donna vive in una condizione atipica vessata da una religione bigotta che le impone di mostrare nulla di sé, neppure il volto, pena castighi terribili come l’uso della frusta, che viene comminata anche a chi asseconda la loro “ occidentalizzazione “. Tralasciando questi esempi che spesso vengono proposti fino a giustificare l’omicidio da parte del “ Padre Padrone “,nella nostra cultura occidentale il ruolo della donna assume sempre di più una grande rilevanza, tanto che non è più pensabile disconoscerne l’importanza. L’analisi di questo fenomeno risulta evidente negli studi del sociologo Sabino Acquaviva, già docente di sociologia della famiglia presso l’Università Degli studi di Padova. Acquaviva, nei suoi studi, sostiene che gli uomini dovranno “sempre più dividere il potere con le donne“. Un’osservazione evidente, mutuata anche dalla politica, dove non solo a livello nazionale, si osservano donne emergenti in grado di comandare un intero Paese promuovendo benessere, solidarietà e progresso. Dalla rivoluzione “femminile“ dei primi anni del secolo scorso ad oggi, molti passi sono stati compiuti anche se il “corpo“ viene vissuto come oggetto, più che come soggetto anche se, come sosteneva lo psichiatra e psicoanalista C. G. Jung: “il corpo è nulla, il corpo è tutto“. Una tesi ripresa dallo psicoterapeuta Fulvio Scaparro, già docente presso l’Università degli Studi di Milano, quando sostiene che questo assunto genera ansia ed è la proiezione di tempi in cui si privilegia affermare che, il “corpo“ è tutto. Del resto, l’analisi sociale del come viene vissuto questo aspetto è facilmente riscontrabile nelle attenzioni, a volte ossessive, che vengono dedicate alla cura e all’estetica del proprio fisico, nell’eterna illusione, tramandata dalle passate generazioni, di poter rimanere giovani. Un modo esasperato di voler proporre, a tutti i costi, un’immagine non veritiera di sé che si ritrova anche nelle proprie case, con mamme che si vestono e si truccano più delle proprie figlie, atteggiandosi ad essere amiche o sorelle maggiori. Un segno, per certi versi, di irrazionalità, in quanto non si vuole accettare il tempo che trascorre dove i ruoli si trasformano e offrono altri valori, altri momenti educativi, per i propri figli. Questo, naturalmente, non significa essere “tagliati fuori“ da un certo contesto perché si può e si deve rimanere giovani “dentro“, per essere propositivi ed efficaci nella consapevolezza del proprio ruolo.
Tornando alle analisi del sociologo, Acquaviva va più a fondo, quando sostiene che anche la “religiosità è un fenomeno sociale in buona parte femminile” perché la donna vive questa esperienza in modo più significativo. “Un modus vivendi“ che la colloca nella società con una dignità sempre maggiore tanto che il suo essere, una volta osteggiato e temuto, diventa pregnante e insostituibile. Consci di questa verità le culture orientali temono una loro subordinazione alla donna e ne vedono il simbolo negativo, in grado di intaccare il loro potere.
Tutto questo, secondo un uso distorto della religione che diventa un aspetto esasperato e fanatico, tanto da indurre la “fuoriuscita“ degli schemi mentali, ripetitivi e retrogradi, di una sorta di “maschilismo“ fuori luogo e fuori moda.
Il ruolo della donna poi, riferito alla “Madre Celeste“, è stato nella nostra cultura religiosa più volte ricordato e le capacità espressive, poetiche e pittoriche, ne hanno sempre tramandato l’attualità in una sorta di affetto filiale dal profondo significato, specie nei momenti di grande dolore e di malattia.
Queste brevi riflessioni sono il risultato di diverse analisi, ma anche di fatti sociali, nei quali ognuno di noi può constatare come lo studio di un fenomeno non può essere il solo risultato di una visione superficiale della vita.
Renato Celeste
Pubblicato il 2011-11-08 11:45:16.
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