Il Museo al Buio: è così provocatoriamente denominata una sezione espositiva del Dipartimento di Biologia Umana dell’Università di Torino, che conserva collezioni e reperti antropologici di valore mondiale. D’improvviso, questo particolare Museo diviene centro di vicende drammatiche. Ne sono protagonisti: due belle ragazze, un giovane tipografo che si inventa detective, una affascinante e brava ricercatrice del Dna ed un Ispettore della Omicidi. La storia si svolge nella Torino degli anni Novanta e si sviluppa in parte nel sottosuolo della città, dove si trovano le gallerie della Cittadella, teatro dell’Assedio di Torino del 1706. Un thriller basato sulle intuizioni di una studiosa e su una incredibile serie di coincidenze che portano alla soluzione...
Non necessariamente un giallista l’autore di Delitto al Museo, brillante scrittore dagli interessi molteplici (commediografo, sceneggiatore, critico letterario, ecc.), con all’attivo più di venti romanzi unitamente a racconti e a commedie: Mario T. Barbero, che si cimenta qui con un poliziesco.
Già dalle prime pagine, l’autore rivela le sue tenderize letterarie, ponendo il lettore di fronte alla sua classica espressività, sulla quale aleggia un alone di mistero.
Il volume, di circa trecento pagine, si avvale della specifica conoscenza scientifica dei musei cittadini e dell’importanza annessa in quanto custodi di straordinari reperti di valore internazionale. Questo motivo, oltre alla conoscenza di cui gode lo scrittore, il primo risultato del successo ottenuto a Torino nella divulgazione e nelle vendite, ancora prima della presentazione del libro al Circolo della Stampa (interventi di R. Antonetto, F. Grisoli, E. Rabino Massa).
La trama, non usuale, si dipana tra descrizioni, brevi conversazioni e riflessioni, senza fretta: sensazione che non tocca la brillante sapienza della penna, bensì la misura destinata dall’autore per una non prossima impennata di suspense. Soltanto quando tutti gli elementi muovono verso il crogiuolo finale, il ritmo si fa rapido e la nostra curiosità si appunta.
L’ambiente è equilibratamente suddiviso tra il Dipartimento di Biologia dell’Università di Torino, del quale è privilegiata la sezione del cosiddetto Museo al Buio, predestinato secondo il nome stesso, tra scheletri e teschi di mummie, accessibile, con l’ausilio di una torcia, a studiosi specializzati per ricerche indirizzate ad un fine specifico, in questo caso poliziesco, relative a particolarissimi Dna, dagli esiti impensabili fino a questo momento; i vari uffici della Questura squadra Omicidi; e una modesta e disordinata Tipografia, infine, regno di Nicola Renocci, fantasioso personaggio che, fatalmente, dipanerà l’avvincente trama.
Le donne, tutte attraenti, hanno un ruolo determinante e si prestano, nella regia dell’autore, ad un, ora lieve, ora ardente, rapporto amoroso. Tentativi di coppie fisse per legare tra loro le varie storie individuali che si toccano, un certo momento, in un incandescente scenario.
Lo scrittore, lungo tutto il tragitto, si serve dei vari ruoli per approdare ad una topografia stretta al cuore della città, tra la Questura e piazzale Fusi, con al centro la Cittadella.
Il capitolo sulle gallerie e le fognature del suttosuolo è da considerarsi come un tributo storico più che un aggiuntivo alla trama: una digressione a sé.
La scoperta del primo morto, che non poteva che essere una donna, è seguita da un condensato di particolari al rallentatore. In testa al romanzo il primo morto; verso la fine, il secondo. Omicidio? Suicidio? I ritmi sono disuguali, giustamente. Il secondo, altra donna, ingloba in sé tutto l’intreccio e la somma delle scoperte, non chiarite del tutto. Anche la nostra ansia subisce delle trasformazioni, che non ci impedisce di gustare l’estrema cura della lingua nella classica forma espositiva.
Il volume di Mario T. Barbero è elegantemente curato dai fratelli Fògola di Torino, secondo l’accattivante presentazione tipografica.
(Maria Teresa Lajolo)
Da qualche mese nelle librerie di tutta Italia c’è un’interessante novità. La Casa editrice Fògola di Torino ha pubblicato, all’interno della prestigiosa collana "I gialli di Fògola", il romanzo di uno scrittore ancora poco conosciuto al grande pubblico: Mario T. Barbero. Il romanzo, ovviamente, è un giallo, come suggerito anche dal punto di vista cromatico fin dalla copertina, e si intitola suggestivamente Delitto al Museo. In poco meno di trecento pagine l’Autore riesce a costruire un giallo affascinante ed avvincente che tiene il lettore con il fiato sospeso fino al colpo di scena finale. La vicenda è costruita attorno all’intrigante figura di un Ispettore della Omicidi: un tipo di poliziotto sui generis che, con il suo istinto e con la sua tenacia, riesce a risolvere brillantemente l’intricato caso che gli si presenta, grazie anche all’aiuto di una bella ricercatrice universitaria e di un giovane tipografo intraprendente e con il fiuto da detective! L’Autore ha condotto il romanzo con stile vivace e brillante, cosicché il lettore, coinvolto dalla vicenda, non si rende conto... di giungere alla fine del libro.
L’abilità di Barbero si rivela soprattutto nella maestria con cui egli riesce a fare congiungere, all’interno della storia narrata, gli accenni storici legati alla toponomastica della città dove il giallo si svolge (Torino), le note di natura scientifica toccate dalla vicenda e, addirittura, alcune citazioni da opere di William Shakespeare, che sembrano parte integrante del romanzo. Tutto ciò senza che la lettura ne risulti appesantita.
Delitto al Museo, insomma, deve essere letto da tutti coloro che vogliono riscoprire il piacere di leggere un bel libro, intrigante e nello stesso tempo anche divertente, che sta un po’ al di fuori dagli schemi stereotipati tanto da presentare un finale che insinua il dubbio nella mente del lettore e ne incrina le certezze legate alla reale soluzione del caso.
Un po’ come avviene in buona parte dei romanzi di un Autore ben più conosciuto e famoso al grande pubblico: Stephen King.
(Paolo Allara)
Un romanzo giallo ambientato nel museo di Antropologia ed Etnologia di Torino nel quale si intrecciano due storie… o meglio due decessi che quasi per puro caso e in seguito a una serie incredibile di coincidenze porteranno alla risoluzione del caso. Ne sono protagonisti un giovane tipografo con la passione dell’investigatore, due ragazze e un ispettore della omicidi. Tra le stanze del museo, le gallerie sotterranee della vecchia Torino e le strade della città si svolge questa vicenda interessante e coinvolgente nella trama ma che a volte allenta un po’ la tensione. A fasi di vera suspence seguono parti che ci sembrano poco funzionali alla storia, soprattutto nei dialoghi. Forse questo è dovuto all’opera di sceneggiatore che l’autore svolge, che lo porta frequentemente all’uso del discorso diretto, con battute che in certi casi finiscono con lo spostare l’attenzione del lettore nei confronti della storia. Al passo con i tempi l’idea di intrecciare i decessi con le ricerche sul Dna e con l’utilizzo di sofisticate ricerche scientifiche. Un modo per andare giustamente incontro ai gusti del pubblico ed attrarlo, dal momento che se pensiamo a telefilm di successo come “ X-Files ” o “ Nikita “ non possiamo prescindere dall’elemento scientifico, che riesce a rendere il tutto più reale, più concreto e quindi credibile. Un romanzo che ci ha dato l’impressione di essere una buona storia per un film, abbastanza semplice nella sua trama ma ben allestito nella gestione dei colpi di scena e nell’uso dei personaggi ben caratterizzati e a volte particolari come l’ispettore, che ricorda a tratti, da lontano, il famoso Commissario italiano, uscito dalla penna di Camilleri. In conclusione, potremmo dire che forse quello che manca è proprio un po’ di “cattiveria”, di morbosità o di senso dell’oscuro, quasi misterioso, che potrebbe rendere il nostro libro più attraente per gli appassionati di gialli. (Diana Giorgia Tonon) |
Già prima di essere presentato ufficialmente al Circolo della Stampa di Torino, il romanzo giallo di Mario Barbero, Delitto al Museo, ha iniziato a mietere successi. Brillante scrittore e pubblicista, Barbero è peraltro un autore eclettico, essendosi cimentato in vari campi, dalla narrativa (è autore di oltre venti romanzi) alla commedia, alla sceneggiatura (ha collaborato a "Il Ventre di Torino", per Rai Sat, nell’ambito di servizi televisivi sul Museo Civico "Pietro Micca" e sull’assedio di Torino del 1706 da parte delle truppe franco-spagnole). Collabora col "Centro Italiano per le Arti e la Cultura" ed è consigliere del "Comitato Lions per il Museo di Antropologia ed Etnografia" di Torino. La sua attività di autore gli ha valso numerosi riconoscimenti, nel mentre continua a svolgere il suo impegno di critico letterario su riviste come Talento, Punto di Vista, Calabria Letteraria, Gente di Abruzzo.
Con Delitto al Museo, Barbero ha abbandonato il ruolo di critico per percorrere ancora una volta i sentieri della narrativa. Ne è venuta fuori un’opera in qualche modo fuori dal comune, perché pur contenendo gli elementi classici di un giallo (dall’investigatore, incallito fumatore di un particolare tipo di sigarette, alle originali caratterizzazioni dei suoi collaboratori) si differenzia delle opere del genere per un linguaggio che è nell’insieme letterario e scientifico, quando si inoltra a parlare del Dna o si sofferma sugli immensi tesori antropologici ed etnografici di Torino, sui quali viene richiamata l’attenzione perché venga posta una maggior cura nella loro conservazione. Di rilievo anche le citazioni dotte di brani, letterari e musicali, che meriterebbero forse una maggiore divulgazione.
Nel romanzo Barbero non è andato alla ricerca di personaggi speciali, ma si è servito di ciò che la vita quotidiana offre: un modesto ispettore di polizia, un giovane tipografo forse un po’ troppo fantasioso (il quale, in modo fortunoso e rocambolesco, contribuisce a sciogliere il mistero che avvolge due morti sospette), una studentessa e un’impiegata, amiche del tipografo e sue aiutanti nel risolvere il giallo, e ancora altre figure femminili, le assistenti di polizia, le ricercatrici del Museo al buio e le due vittime. La presenza di tante figure femminili ovviamente determina situazioni sentimentali che vivacizzano la storia, addolcendo in qualche modo l’atmosfera da delitto che caratterizza l’opera. La stessa collocazione degli eventi dà un tocco di particolare suggestione, in quanto tutto si svolge nel ventre della vecchia Torino, teatro delle gesta di Pietro Micca, in una città dunque che ha avuto un ruolo straordinario nella storia d’Italia e dove molto si è deciso su quello che doveva essere il destino della Sardegna.
Un lavoro quindi da gustare pian piano, e che avvince man mano che la trama si sviluppa, sino ad arrivare al finale, che coinvolge con la sua vivacità e i suoi colpi di scena, come si conviene del resto ad un "giallo" che si rispetti. Un ritorno quindi ad un genere letterario che grandissima fortuna ha goduto in passato e che sembra addentrarsi in una nuova stagione altrettanto felice e stimolante, con in più uno sguardo attento e non superficiale a ciò che fa parte della storia e della tradizione e che, anche nell’impegno letterario "di svago", rappresenta una importante occasione di riflessione.
(Antonio Manca Puddu)
recensione su literary a cura di Maria Teresa Lajolo
recensione a cura di Paolo Allara
recensione a cura di Antonio Manca Puddu
recensione a cura di Diana Giorgia Tonon
Pubblicato il 2011-05-20 12:34:37.
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