ANALISI E FATTI SOCIALI
Il mese di novembre ci porta inevitabilmente a delle riflessioni
Il mese di novembre è iniziato con il pensiero rivolto ai propri defunti.
Si tratta di un’usanza che porta alla memoria le persone che hanno contato nella vita ed in certe occasioni le sentiamo ancora vicine a noi.
Capita, infatti, che il ricordo delle stesse non è rivolto principalmente al luogo in cui sono sepolte, ma diventa sempre più prepotente nelle proprie case dove solitamente hanno vissuto.
Così, gli oggetti,le sedie, i tavolini, il letto fanno pensare che chi non c’è più in realtà è ancora presente nelle nostre case e molte volte si dialoga ancora, magari a voce alta, per avere un parere o un consiglio.
La mamma, poi, rimane sempre sulla bocca di tutti: la si invoca, la si cerca in quell’abbraccio astratto che significa ancora quanto è stata importante per noi.
Nella storia e nelle diverse culture il rispetto per chi non c’è più è legato ad usanze, a credenze, a speranze impossibili.
Spesso ci si chiede: perché mi hai lasciato, dove sei ora,perché non torni almeno in sogno per dirmi come devo fare a superare queste difficoltà ?
L’ignoto e la sua paura.
La speranza in qualcosa che ci sarà per poter credere in qualcosa e in qualcuno.
Il medico Marco Margnelli, neurofisiologo e psicoterapeuta (scomparso qualche anno fa e conosciuto personalmente), nel corso delle sue lezioni e delle sue conferenze, ricordava spesso il bisogno di conoscere l’ignoto da parte dei suoi pazienti.
Un desiderio che lo portava ad estremizzare la richiesta sino alla soglia della perdita della coscienza, per giungere ad intravedere un luogo diverso affascinante ed insieme misterioso.
Esperimenti che lo scienziato dovette abbandonare per evitare problemi fisici e psichici a chi faceva quelle strane richieste.
Lui stesso poi, provava angoscia anche a cercare delle risposte utilizzando per studio degli animali (il gatto, ad esempio, un simbolo sacro nell’antico Egitto)nell’atto della loro morte.
L’analisi così descritta porta a riflettere sul significato della propria esistenza e della propria fine.
Ecco che i fiori, il lumino acceso, il ricambio dell’acqua nei vasi del cimitero, rappresentano quel rito, quell’usanza, che si ripete ogni anno come in una festa collettiva per chi ci ha lasciati.
Ma la festa vera è quella che riesce a riunire parenti ed amici, almeno una volta all’anno.
Un’occasione triste, ma anche una riflessione, quando si mormora: conosco più persone qui che in vita.
Ci assale allora il dubbio ed emerge la speranza di essere ancora lontani per quel traguardo verso l’ignoto.
Renato Celeste
Pubblicato il 2018-10-25 10:29:53.
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