Al regista e attore tedesco Werner Herzog il Museo del Cinema di Torino ha dedicato una importante retrospettiva dal titolo “Segni di vita-Werner Herzog e il cinema” con mostra, cine-concerto e laboratorio. Una manifestazione a cura di Alberto Barbera, Stefano Boni e Grazia Paganelli, quale omaggio a uno dei registi più interessanti e estremi del nostro tempo. Una manifestazione realizzata in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (presso la cui Fondazione si terrà una “mostra multimediale”), il “cine-concerto Requiem For A Dying Planet dove su un montaggio di immagini tratte dal film L’ignoto spazio profondo e il diamante bianco si innestano le musiche eseguite dal vivo dall’ensemble formato dal violoncellista olandese Ernst Reijsenger, dal cantante senegalese Mola Sylla e dal quintetto di voci sarde Tenore e Cuncordu de Orosei (presso il Piccolo Regio Laboratorio), un “laboratorio di cinema e scrittura presso la Scuola Holden, oltre alla retrospettiva completa di tutti i suoi film presso il Museo Nazionale del Cinema della Mole. Cresciuto in uno sperduto villaggio sulle montagne della Baviera senza mai vedere film, televisione o usare il telefono, Herzog ha iniziato a viaggiare a piedi dall’età di quattordici anni e ha fatto la sua prima telefonata a diciassette. Durante le scuole superiori ha lavorato di notte come saldatore in acciaierie per riuscire a produrre i suoi primi film. L’esordio dietro la macchina da presa avviene a diciannove anni, nel 1961 e nel 1963 fonda la sua casa di produzione a Monaco e vince una borsa di studio pe l’Università di Pittsburg. Nel 1965 vince il Premio Carl Mayer per la sceneggiatura di Feuerzeichen. Viaggia tra Stati Uniti e Messico e partecipata a fondare uno stato utopico nel Guatemala. Tornato in Germania nel 1968 realizza il suo primo lungometraggio Segni di vita. Da allora ha prodotto, scritto e diretto più di cinquanta film, pubblicato libri e curato la regia di numerose opere liriche. Fin dai suoi primi film, si è distinto per la capacità di osservare gli aspetti insoliti della realtà e del mondo, con lo stupore e la purezza di uno sguardo che si interroga e si spinge sempre più nei territori di confine. La mostra a cura di Alberto Barbera e Grazia Paganelli è prevalentemente dedicata alle videoinstallazioni. Fra le varie opere presentate, da rilevare il percorso che si apre con un contributo dedicato dall’artista alla mostra stessa , comprendente numerose proiezioni tra le quali le sequenze inedite di Fitzcarraido con Mick Jagger nel ruolo che poi sarà di Klaus Kinski, il primo film amatoriale girato da Herzog appena sedicenne; il “making of” di Il diamante bianco e il lavoro di registrazione delle musiche per lo steso film. Saranno proiettati anche l’autoritratto Portrait Werner Herzog, il film TheBall is a Scumbagdel figlio Rudolph che testimonia della passione per il calcio del regista bavarese. Nell’occasione verrà pubblicato il volume Segni di vita-Werner Herzog e il cinema, a cura di Grazia Paganelli, che indaga per grandi temi l’attività di un regista estremo e avventuroso e il suo inconfondibile sguardo sugli angolipiù remoti e inospitali del nostro pianeta. La mostra è tuttavia anche un “pretesto” per prendere visione di un unicum qual è il Museo Nazionale di Cinema di Torino che dall’anno 2000 ha la sua sede permanente e prestigiosa all’interno della Mole Antonelliana, grandioso simbolo della città di Torino. La “Mole” nasce come sinagoga nel 1860 come monumento della comunità israelitica per celebrare la libertà di culto concessa da Re Carlo Alberto. Il progetto era dell’architetto Alessandro Antonelli che dopo varie modifiche al progetto iniziale (dell’altezza di 47 metri) apportò ardite variazioni all’edificio fino a raggiungere l’altezza definitiva di 167,5 metri, che lo portò ad essere la costruzione in muratura più alta d’Europa. Ma la “Mole”, a causa della furia degli elementi, dovette subire gravi danni in più occasioni: durante il terremoto del 23 febbraio 1887, il nubifragio dell’11 agosto 1904 e, in ultimo, durante una tromba d’aria del 23 maggio 1953 che fece precipitare 47 metri di guglia che nel 1961 venne ricostruita con rinforzo interno in acciaio, in tempo per le celebrazioni per l’Unità d’Italia. Nel 1964 venne aperto al pubblico il primo ascensore all’interno della “Mole” e nel 1987 un secondo impianto, ce in seguito vennero smantellati per esser sostituiti da quello attuale (funzionante dal 2000) che ha le seguenti caratteristiche: una cabina panoramica in cristallo; la mancanza di fermate intermedie dal piano di imbarco al “Tempietto” a quota 85,4 metri; la navicella di soccorso in caso di emergenza. L’attuale ascensore è dotato di due sistemi di azionamento autonomi in modo da averne uno funzionante in caso di guasto del primo e la cabina percorre la corsa in circa 57 secondi. Un “balcone sulla città” che permette di dominare le colline circostanti, la città, i fiumi e tutto il circondario e che offre una vista incomparabile e unica al mondo su una catena di montagne le più alte d’Europa. |
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Pubblicato il 2011-05-27 10:33:34.
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