NOTIZIA: COME, PERCHE’
Una riflessione nella prossima ricorrenza dei Defunti
Quando giungerà ai lettori questo numero del giornale, mancheranno pochi giorni alla ricorrenza dei defunti.
E’ trascorso un anno e le riflessioni sono sempre le stesse: chissà quanto tempo mi rimarrà da vivere, se riuscirò nei miei intenti, se sarò ricordato non solo per quello che sono,ma soprattutto per ciò che ho fatto.
Non così ha pensato una malata terminale con appena 68 anni di età, che ha deciso di porre fine alla sua vita bevendo un bicchiere di veleno, che “ la addormenterà senza sentire nulla”.
E’ successo in” una clinica svizzera dove è legale l’eutanasia attiva” con la paziente mostrata in un video “ truccata e pettinata” come se fosse stata pronta per intraprendere una vacanza.
Alla base c’è una storia drammatica di solitudine e di malattia dolorosa e invalidante.
Una vicenda umana che, tuttavia, fa pensare ad altre morti non volute, segnate da crudeltà e violenze a danno di persone innocenti a volte solo colpevoli di essere state di aiuto ad altre, meno fortunate.
Sono gli omicidi di gente, spesso, per motivi passionali, ideologici o religiosi, che turbano le coscienze di ogni cittadino che aneli alla pace, al benessere, al rispetto e alla giustizia.
Simbolicamente , per noi, il camposanto ricorda la morte di chi ci ha voluto bene, rincuorato, coccolato, ma è anche un luogo che raccoglie le storie di altre persone, giovani e meno giovani, a volte neppure bambini.
Lo stesso, accoglie anche chi non voleva morire e l’ha fatto per difendere degli ideali risultati in certi casi strumentalizzati, ma la “ Signora delle Tenebre” accoglie tutti, come ha fatto con la preghiera il Santo Padre nel ricordare i defunti delle guerre sepolti nel Sacrario di Redipuglia.
A queste considerazioni, però, si possono contrapporre altri pensieri che non sono solo quelli negativi per quello che si è , e ciò che si ha avuto.
In questo modo la tristezza viene superata dalla speranza che chi non c’è più, in realtà ha vissuto la sua esistenza anche per noi, con le sue esperienze, le sue idee e i suoi sentimenti.
E questo non si riferisce solo ai propri cari, anche se siamo portati a pensare solo a loro.
Concluso il rito della visita al cimitero, a volte frettolosa, a volte dovuta “ tanto per far vedere che ci siamo stati “, ci accorgiamo che la vita continua accettandone , nostro malgrado, la conclusione che ci auguriamo sia il più tardi possibile, silente, magari nel sonno, mai a causa di malattie invalidanti.
E’ lo stesso pensiero fatto probabilmente da chi ha voluto anticiparla in un asettico luogo lontano da casa, per affermare un diritto a porre fine alla propria esistenza senza soffrire.
Anche per questa persona bisogna avere comprensione e rispetto pur nella considerazione che la vita, comunque, è un grande dono per la quale la consapevolezza di averla diventa un sentimento di gratitudine, nella speranza che la stessa una volta finita possa essere additata come esempio.
E, quando ci si sente “giù di corda “, ecco che ci sorregge l’amicizia.
Un sentimento studiato a fondo dai Sociologi (cfr.Franco Alberoni, “ L’amicizia” ed. Garzanti) e da altri studiosi che, attraverso alcune ricerche universitarie, hanno dimostrato che “ un buon amico fa bene al cuore “, ma è pure una chiave di accesso alla longevità e al superamento delle malattie, incluse quelle tumorali.
Nello specifico, gli psicologi americani della Mayo Clinic sono prodighi di consigli, insistendo sulla necessità di valorizzare questo sentimento che aiuta a superare le difficoltà e i momenti critici della vita.
Nel ricordo di ognuno di noi affiorano questi legami di amicizia che si riconoscono anche in chi non c’è più , ma che è riuscito, grazie a questo profondo sentimento, a essere presente in vicende che sono state vissute insieme.
Motivati da questi ricordi, la nostra visita nella ricorrenza dei defunti, riveste un significato diverso che non sia solo un atto dovuto.
Renato Celeste
Pubblicato il 2014-10-07 11:17:11.
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