Le Poesie di Gianni Stuardi: "Ricordi struggenti"
(a cura di mario t. barbero)
MAZZOLA IL CAPITANO
Fortunato chi lo vide giocare,
di piede, di testa, di petto,
lo stop era sempre perfetto,
il passaggio filtrante da incorniciare.
Era bello, era biondo, il capitano,
in avanti, in mezzo al campo, in difesa,
la testa alta che guardava lontano,
pronto a lanciare l’offesa.
E il goal, tanti, più di cento
e la folla adorante che urlava,
Valentino, Valentino, il nostro portento,
e lui implacabile la accontentava.
Di rado quel Toro fu in difficoltà
ma se capitava, le maniche tirava su.
e guidava all’assalto con grande umiltà,
storiche le rimonte di quel tempo che fu.
Ciao Valentino, coraggioso Capitano,
di quel tremendo, formidabile Torino,
campionati, coppe, saresti andato lontano,
ma un tragico destino ha fermato il tuo cammino.
.
E’ MORTO IL TORO
Un uomo lo urlava per la strada,
pioveva quella sera maledetta,
e la gente incredula, sbigottita si affacciava.
Si, l’aereo è caduto a Superga
e sono tutti morti.
E’ morto il Toro
Il dolore che scende sulla città
che piange la sua squadra, i suoi campioni.
I funerali in un mare di popolo commosso,
ognuno con il suo ricordo,
la sua piccola, triste storia da raccontare.
E’ morto il Toro,
Bacigalupo
Ballarin e Maroso
Grezar, Rigamonti e Castigliano,
Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola.
Non giocheranno mai più al Filadelfia
e nei campi d’Italia e del mondo,
ma nei prati verdeggianti del cielo.
Una serpentina, una rovesciata fra le nuvole,
alla conquista della Coppa dell’Universo.
E’ morto il Toro,
ve lo scrive uno che a sette anni,
lo vide giocare e ne restò innamorato
e che ancora oggi si chiede,
perché quell’amaro destino volle fermarli.
In fondo erano solo dei bravi ragazzi,
nel fiore degli anni, all’apice del successo,
che prendevano per gioco, a calci un pallone.
PER GIUSI
Come era bello ascoltarti con i tuoi fratelli
ed Egidio, in quei divertenti pomeriggi
passati al circolo dei Lettori.
Per un paio d’ore ci facevate abbandonare
preoccupazioni, affanni e malanni,
ci facevate tornare indietro di cinquanta, sessanta,
settant’anni, ai tempi della nostra gioventù.
Quanti ricordi, quanta nostalgia nelle vostre canzoni.
Il mangiadischi, le feste in casa, il primo timido amore.
E tu Giusi, di tutto questo eri la Regina,
la tua voce, il tuo sorriso, il tuo falsetto,
le tue mossette che anticipavano le parole
e noi tutti coinvolti, cantavamo con te.
Poi...una brutta malattia, cattiva cattiva
ed un crudele destino, hanno voluto portarti via.
Ma lassù in Paradiso canterai ancora
nel complesso degli Angeli e la tua voce argentina,
trasportata dal vento, giungerà fino a noi,
perchè tu Giusi, rimarrai sempre nei nostro cuore,
nella nostra anima.
Ciao Giusi.
Gianni Stuardi
Pubblicato il 2019-05-08 10:44:30.
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