Mario T. Barbero
L’UOMO SENZA NOME
(ALI Editore-2010)
Non aveva un nome. Viveva nel suo piccolo universo come gli altri fossero entità astratte. Ma l’uomo senza nome era riuscito a integrarsi nel “sistema” senza farsi fagocitare da quello stupido aggeggio chiamato computer. Uno strumento senza fantasia. L’uomo senza nome lo odiava. Un giorno per spezzare la solitudine utilizzando un vecchio computer decise di materializzare le sue idee, lasciando che la memoria compisse l’estremo prodigio di trarre dal limbo dei ricordi un’esistenza vissuta tra dubbi e certezze, momenti lieti e momenti tristi: aveva deciso di scrivere il romanzo della sua vita vissuta e di quella sognata. Davanti ai suoi occhi, grazie a quello strumento freddo e anonimo vide passare il film della sua esistenza: le persone, il lavoro…tutto. E quando gli sfuggiva qualcosa era sufficiente riandare col pensiero per trovare subito sullo schermo quanto rimasto prigioniero della mente. Sfiorava la tastiera e leggeva già la frase che avrebbe voluto comporre, prendendo confidenza con quell’apparecchio che prima aborriva. Un mattino, nel riprendere il consueto “dialogo” con il computer, l’uomo senza nome notò che nel testo c’era una pagina che non aveva mai scritto, né pensato e che emanava una strana luce. Si avvicinò allo schermo e si stropicciò gli occhi: inaudito! Pareva che la pagina brillasse di una trasparenza particolare. Osservandola con attenzione, notò che il computerstava scrivendo a sua insaputa. Esterrefatto, lesse di avvenimenti che aveva sempre sognato accadessero e di personaggi che avrebbe desiderato incontrare. Eppure lì c’era soltanto lui e nessun altro e il computer stava effettivamente scrivendo la storia della sua vita. Si guardò attorno: nessuno! Nella stanza semibuia c’era solo lui e il computer. Pareva che il computer ricordasse ogni cosa in vece sua: le parole rimanevano sullo schermo per brevi istanti poi come per incanto sparivano. Il computer scriveva e lui leggeva le parole che inondavano lo schermo. Stupendosi, allibiva disorientato. Poi senza preavviso il computer smise di scrivere, come ubbidendo a un comando superiore e ogni indizio sparì dallo schermo. Lui però era riuscito a leggere il messaggio fino in fondo e a comprenderne il significato. Un bagliore improvviso illuminò la stanza come vi fosse penetrato per intero il sole e una musica dolcissima si diffondeva nell’aria. In quella luce splendente gli sembrò scorgere il viso della sua adorata compagna che da tempo lo aspettava in un’altra dimensione. Diede un’ultima occhiata al computer, come si fosse trattato di un commiato e con un sorriso di gratitudine uscì di casa. Era notte. Dopo una giornata uggiosa e fredda ora il cielo era terso e le stelle brillavano. Come un automa si avviò verso il cimitero, poco distante da casa sua. Una strada percorsa per anni, con il sole o con la pioggia, lungo filari di cipressi fitti e scuri. Fra la moltitudine di tombe e tanto silenzio arrivò nei pressi di quella della moglie e le sue gambe meccanicamente si bloccarono. Rimase immobile mentre la luna proiettava la sua ombra sul sepolcro. Poi spinto da una forza misteriosa, si inginocchiò e posò la mano sulla fotografia della moglie. Sfiorò il ritratto con la punta delle dita e accarezzò il volto che sembrò sorridergli. Percepì più che sentire i lineamenti del viso, mentre gli occhi lo guardavano con dolcezza. Ebbe un attimo di smarrimento e nella sua mente si presentò l’ultima frase scritta dal computer. D’un tratto rammentò ogni cosa e capìperché si trovava lì. In piena notte. Allora posò dolcemente il capo sul freddo marmo della tomba e rimase in attesa di sapere dove l’avrebbe condotto il nuovo giorno.
(A FAVORE DI TELETHON 2010)
Pubblicato il 2011-05-23 05:16:40.
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