L’ORTENSIA MIRACOLOSA
Oggi sono uscita sul mio balcone e, fra i colori della fioritura un po’ precoce di alcune piante, al di là dei rosa e dei bianchi dei giardini di Torino - ma forse dovrei dire “a dispetto” e non al di là -, non credevo ai miei occhi quando ho visto delle “miracolose” foglie verdi spuntare dai bassi, secchi rami dell’ortensia che ormai davo per morta. L’avevo innaffiata ugualmente e regolarmente, nei mesi scorsi, ma ero certa che quell’acqua non sarebbe servita a farla rinascere; invece, come vedete, eccola pronta, fra qualche tempo, a ridonarmi lo spettacolo dei suoi fiori azzurri, che per anni hanno rallegrato e colorato il mio balcone… Da quell’inaspettato “incontro” è emerso l’impulso di scrivere queste righe…
Sabato mattina mi sono resa improvvisamente conto di che cosa significhi vivere nel clima del Coronavirus. Apprestandomi a fare la spesa, davanti al solito supermercato mi sono dovuta arrestare dietro una lunga fila di persone, giudiziosamente distanziate l’una dell’altra, in attesa che la guardia addetta allo smistamento della folla le facesse entrare una per volta. Per associazione di idee mi sono venuti in mente, precipitosamente e dolorosamente, i racconti della mia mamma, quando mi parlava delle code fatte in tempo di guerra con le tessere annonarie in mano. Allora lei attendeva di vedersi assegnare quantità minime di pane nero e poco altro, ma io avrei avuto a disposizione, ne ero certa, una gran gamma di alimenti fra cui scegliere un po’ di tutto. Quando è arrivato il mio turno, mi sono fermata stupita davanti alle vetrinette del pane… ne era rimasto poco, e di poche varietà. I banchi della carne erano quasi del tutto spogli, le insalate erano terminate, ed erano soltanto le 10 di mattina. Le cassiere si sgolavano per far rispettare le distanze agli avventori, che si innervosivano e inveivano contro i clienti che, precedendoli nella fila, non ricordavano a memoria il pin del bancomat e si attardavano per rintracciare i codici appuntati sul cellulare. Ho messo nel carrello un pacco di zucchero, uno di farina, uno di sale e un cartone di latte, delle uova ho trovato l’ultima confezione da sei… e subito dopo ho rivissuto le volte in cui avevo preso in giro la mia mamma, che sopra il servizio di piatti riservato alle grandi occasioni riponeva, e ogni tanto rinnovava, un chilo di farina, uno di zucchero e uno di sale. “Si vede che sei nata dopo la guerra”, mi diceva tutte le volte “non puoi sapere che cosa significassero queste riserve, ottenute con rischi e fatica alla borsa nera” concludeva. Quando sono rientrata a casa, dopo essermi liberata della mascherina, dei guanti e delle scarpe, il mio sguardo si è posato sulla fotografia dei miei genitori. Il mio pensiero è tornato a loro, che, come milioni di italiani e di tanti altri, erano riusciti a raccontare i disagi, le paure vissute in quel terribile conflitto, e ciò significava che CE L’AVEVANO FATTA. Mi sono allora detta che CE L’AVREMMO FATTA ANCHE NOI. Adesso non ci chiedono di arruolarci, di trepidare all’idea di sentire il suono delle sirene degli allarmi, di correre nei rifugi con un bambino sulle spalle, di temere di ricevere un telegramma dove viene annunciata la morte di un parente. Adesso trepidiamo ascoltando, alla Radio o alla TV, i bollettini dei colpiti dal contagio del Coronavirus e delle sue vittime, ma udiamo anche gli appelli con cui ci chiedono soltanto di RESTARE IN CASA, di rispettare le regole o, per meglio dire, di RISPETTARE IL DIRITTO DEGLI ALTRI, oltre che di noi stessi, DI NON ESSERE CONTAGIATI. E allora non domandiamoci il perché e il percome sia successo tutto questo, ma guardiamo avanti! Pensiamo al futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti, del mondo intero, per quanto scriteriate ed egoistiche possano sembrarci – ed essere - le dichiarazioni di uomini di Stato che dovrebbero stare vicino all’umanità intera, non soltanto all’orticello dei loro Paesi. Cominciamo noi ad aborrire, ad abolire L’EGOISMO e facciamo la nostra parte come esseri responsabili e generosi per noi, per i nostri vicini, per i nostri concittadini, per gli ITALIANI, per IL MONDO INTERO di cui TUTTI facciamo parte. Prendiamo esempio dalla mia piantina “miracolata”, che ha sfidato e vinto l’inverno a tratti troppo caldo, o troppo secco, o saltuariamente ghiacciato: ascoltiamo il suo messaggio, innaffiamo di fiducia e di regole le nostre giornate e… CE LA FAREMO!
Luciana Navone Nosari
Pubblicato il 2020-05-18 07:43:30.
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