CI SI PUO’ ANCORA CURARE IN OSPEDALE?
Stiamo vivendo un periodo molto strano: da una parte siamo ebbri di speranza, dall’altra,invece, rimaniamo dubbiosi e pessimisti.
Il riferimento, manco a dirlo, è il solito che emulando una nota canzone del passato, da “ Maladetta Primavera “,si trasforma in Maledetta Epidemia.
Tralasciando, tuttavia, le alchimie politiche tese a rafforzare una o l’altra parte, un certo pragmatismo sociologico è doveroso specie se riferito alla necessità di doversi ancora curare facendo ricorso alla struttura ospedaliera.
E qui bisogna essere consapevoli che un intero ospedale non può e non deve essere monotematico ,dove tutto e niente è possibile per via di questo virus che rischia di scindersi in varianti non note, creando ulteriori problemi.
Allora , o un ospedale (come il S.Spirito di Casale) ha un reparto ad ”hoc “( come lo era in origine, tra l’altro diretto in modo eccellente da un primario e da uno staff
competente, con ingresso separato) o è meglio prevederne uno solo (come a Tortona) per affetti da queste infezioni.
In tale modo tutti gli altri reparti (pur nella trasparenza delle precauzioni necessarie)possono proseguire la loro normale attività di ricovero e cura specie per quei pazienti che necessitano di interventi chirurgici e di terapie salva-vita.
Insomma, per continuare a vivere e a sopravvivere è necessario mettersi alle spalle il pensiero che, se “ si va in ospedale da sani si rischia di uscire malati, ma se si entra già da malati, bisogna sperare nella misericordia del Padreterno)!.
Battute a parte, per tornare all’ospedale casalese (oggi appartenente all’Asl-Al) non si capisce perché una struttura modello, finanziata in toto dal Ministero della Sanità (strutturata specie per gli affetti da Aids) abbia subito destinazioni diverse da quelle originarie.
Quanto sopra per una miope gestione che ha distrutto un modello invidiato specie perché una città di provincia era riuscita a portare e a organizzare un congresso internazionale con la presenza di grandi infettivologi (per tutti, il compianto prof. Aiuti).
Dopo questo riferimento (emblematico) non è che il panorama della sanità che ci sta attorno sia migliore, perché il malato non è al centro del sistema,( come recita la legge833 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale),ma è un oggetto di un altro di natura economica- aziendale.
Tutto,insomma, ruota con l’ottica del bilancio, del risparmio e della riduzione del personale ritenuto in esubero e questo a scapito della persona che soggiorna, suo malgrado, in un “ albergo “ del quale ne farebbe volentieri a meno.
Certi discorsi del, tipo: “ non è un hotel e ci si deve adattare anche nel vitto” , stonano con quell’attenzione alla persona senza la quale, si badi bene,anche l’azienda andrebbe in “ rosso “.
Il malato va coccolato, assistito, aiutato, specie se solo o anziano perché è una persona con un una sua storia e un suo vissuto e non un soggetto da assistere con la formula meramente caritatevole.
E il personale (ricordato adesso per il sacrificio non solo fisico), va tenuto in considerazione per quanto fatto e fa, senza speculare e pretendere, premiando e riconoscendone professionalità e dedizione.
Mi auguro che non siano parole vuote, ma il risultato di una rilevazione obbiettiva sul campo, scevra da interessi diversi da quelli che garantiscano davvero quel “ diritto alla salute” che ci rende degni di una società più giusta e civile.
Renato Celeste
Pubblicato il 2021-09-26 16:20:55.
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