Distrazioni e… i CICIU ‘D PERA DEL VILLAR
Dopo oltre trent’anni di corposi bagagli, di vestiari, calzature e accessori riposti in armadi e cassetti, re-infilati poi nelle valigie – in gran parte inutilizzati – al rientro in città, questa estate decisi di portare, nella casa delle vacanze, soltanto tre capi, due paia di scarpe e due borse, una sportiva e una elegante. Finalmente non avrei dovuto armeggiare per ore con attaccapanni, stipetti, scaffali. Con grande soddisfazione, mezz’ora dopo essere entrata in casa, ero già libera di uscire e di disporre del mio tempo all’aria aperta, tra il profumo di erba e di fiori.
La decisione di ridurre al minimo l’abbigliamento per le vacanze mi creò, però, un problema. Accadde il giorno in cui figli e nipoti proposero una gita in Val Maira, incuriositi da un fenomeno rappresentato da formazioni di origine geomorfologica unico al mondo. Fenomeno che, dopo averlo conosciuto, non esito a definire fiabesco, non soltanto per la bellezza straordinaria e singolare che offre, ma finanche per le leggende che ruotano attorno alle sue presunte origini.
Mi riferisco ai CICIU del Villar, che si possono ammirare nella Riserva Naturale che li “ospita” a Villar San Costanzo, nei pressi della cittadina di Dronero, in provincia di quella Cuneo detta “GRANDA” per la sua vastità.
Prima di descriverne la storia e la particolarità, desidero precisare che valeva assolutamente la pena affrontare il problema creatomi da questi monumenti naturali, sebbene in casa abbiano continuato a canzonarmi, soprattutto osservando le fotografie scattate quel giorno. Fra tutte ce n’è una che diverte particolarmente la mia famiglia: ritrae una coppia di giovani che sogghigna mentre mi guarda, le mani davanti alla bocca… e ne aveva ben donde, perché calzavo dei sandali per nulla adatti all’escursione che ci apprestavamo a fare, e indossavo una giacchetta più consona a una passeggiata in città che a un’arrampicata fra sentieri scoscesi cosparsi di altissimi, disconnessi gradini in pietra.
Ero difatti talmente entusiasta di recarmi a visitare quei fenomeni, che non mi ero curata (o, per meglio dire, mi ero scordata) di scegliere, fra i tre capi a disposizione, quello maggiormente indicato per la suddetta destinazione, ma la colpa è imputabile alla mia distrazione e soprattutto alla mia scarsa memoria: chi mi ama sostiene a causa della pandemia e del caldo, a mio avviso invece è per via dell’età, se sovente vacilla: le sbadataggini sono all’ordine dell’ora, non soltanto del giorno. Sono già arrivata al punto di dimenticarmi di una certa cosa, ma un attimo dopo di scordarmi dell’azione o dell’oggetto non ricordato poco prima. Attendo, ahimè, di arrivare a non avere a mente quello che ho scordato di aver scordato di aver scordato… Ma adesso è d’uopo tornare dai Ciciu, ben più importanti delle mie paturnie…
Nel dialetto della Val Maira sono denominati Ciciu ‘d pera, che significa “fantocci – o pupazzi - di pietra”, perché queste strutture che sorgono dal terreno ricordano dei veri funghi, sui cui gambi rocciosi poggia un cappello costituito da un masso di gneiss: rappresentano un’autentica rarità, anzi, sono unici nel loro genere, perché si distinguono dalle piramidi di terra tipiche dei depositi glaciali in ragione dell’ambiente in cui si sono formati.
La Riserva Naturale dei Ciciu del Villar copre un’estensione di circa 64 ettari ed è sorta nel 1989 con l’intento di tutelare quell’autentica rarità del patrimonio ambientale piemontese, specialmente per le circa 450 caratteristiche colonne di erosione su conoidi alluvionali con blocchi di crollo. Sembra che queste formazioni di origine geomorfologica si siano forgiate al termine dell’ultima era glaciale, a causa dello scioglimento dei ghiacciai che fece esondare il torrente Faussimagna. Quest’ultimo, nell’erodere le pendici del monte San Bernardo, trasportò a valle un’enorme massa di detriti che formarono un conoide alluvionale, costituito da un terreno rossiccio dalle sostanze ferrose (gli attuali gambi dei funghi di erosione). In seguito, si presume che, in conseguenza a frane e terremoti, massi di colore scuro staccatisi dal monte San Bernardo siano rotolati sul terreno che subì un innalzamento, mentre il fiume, scorrendo più in basso, lo erose riportando alla luce i sassi che aveva ricoperto, arrotolandoli e levigandoli a poco a poco; infine, mentre il terreno del versante della montagna veniva portato via facilmente, i sassi rappresentarono una sorta di protezione per le colonne sottostanti, riparandole come fossero ombrelli.
Per visitare la riserva dei Ciciu esistono due percorsi, entrambi chiamati “Ciciuvagando”: uno più breve di quaranta minuti, l’altro che supera le due ore. In virtù del nostro essere – mio marito ed io - nonni, i figli e le nipoti scelsero ragionevolmente quello più breve, ma sbagliammo a leggere le indicazioni e ci trovammo, dopo oltre un’ora, a doverci districare fra ruscelletti insidiosi e sassi che tendevano tranelli alle mie calzature da città…
Feci emergere il mio orgoglio, mi armai di forza d’animo e, cercando di non curarmi del mal di schiena e del dolore ai polpacci, alla fine uscii indenne da quell’avventura, mentre gli altri, che mi avevano teso mani e braccia per aiutarmi a superare gli ostacoli e a gran voce mi avevano incitata a prestare la massima attenzione alle radici centenarie che sbucavano all’improvviso, o ai giganteschi sassi ricoperti di muschio su cui praticamente pattinavo, più volte ruzzolarono sul terreno e si sbucciarono le ginocchia. Mio marito ed io… neanche un graffio! Ebbene, queste sono state vere e proprie gratificazioni, per due “diversamente giovani”!
A onor del vero, se anche avessi riportato qualche escoriazione ne sarebbe valsa la pena, perché lo spettacolo a cui ho assistito in quelle ore è stato assolutamente straordinario: innumerevoli massi erratici sorretti da colonne di terreno svettavano all’interno di una vegetazione fitta e rigogliosa e sembravano davvero enormi funghi porcini, anche se, considerando l’atmosfera magica che si respirava e la visione fiabesca che mi era apparsa, avrebbero meritato l’appellativo camini delle fate, come qualcuno ama definirli.
È doveroso completare la spiegazione scientifica sulla formazione dei Ciciu precisando che uno studio effettuato nel 2000 ha evidenziando la presenza di almeno due diverse generazioni di colonne di erosione; le naturali, straordinarie strutture si sarebbero quindi formate in almeno due fasi evolutive distinte.
Per contro, come per ogni fenomeno imperfettamente spiegabile - quindi soffuso di mistero -, non mancano le leggende che tendono a conferirgli una diversa origine.
Quella che più mi ha colpito attribuirebbe la nascita dei Ciciu a San Costanzo (attuale patrono di Villar), che avrebbe compiuto un prodigio attorno al 303 d.C. Costanzo era un soldato romano della legione Tebea, composta da un migliaio di combattenti in parte Cristiani. Quando i Tebei si rifiutarono di distruggere la bella Val Maira, furono inseguiti e perseguitati dagli altri Romani. Costanzo riuscì a fuggire, ma non si salvò. Prima però di venire catturato, si sarebbe voltato verso gli inseguitori che volevano ucciderlo inviando una maledizione: dovevano trasformarsi in pietre “dure come i loro cuori” e assumere la forma, appunto, dei nostri Ciciu. San Costanzo venne martirizzato intorno agli anni 303-305 d.C., durante la persecuzione dei Cristiani attuata dall'imperatore Diocleziano sulle pendici del Monte San Bernardo. Fu in quella località che, in un secondo tempo, gli venne dedicata la chiesetta romanica di San Costanzo al Monte, all’altezza di 807 metri.
Esiste però una leggenda che, seppure con il medesimo protagonista, racconta una diversa versione di questa storia, che recita così: Costanzo, nato e cresciuto in una famiglia povera, decise di costruire una chiesa per unire gli abitanti della zona. Di notte iniziò a trasportare i massi e il legname con i buoi del padrone, al quale venne riferita la sua impresa. Costui, irritato nel venirlo a sapere, lo seguì e constatò che, come per magia, il ragazzo attraversava il torrente Maira su un ponte, comparso improvvisamente dal semplice tocco di un bastone di canna che portava con sé. In un primo momento gli proibì di utilizzare le sue bestie, ma quando ravvisò l’improvviso dimagrimento dei buoi, per non dire dei fatti inspiegabili a cui aveva assistito, ritornò sui propri passi. L’invidia è tuttavia sempre in agguato e, se il ragazzo veniva ammirato dalla maggior parte degli abitanti per la sua opera, alcuni contadini malevoli cercarono di ostacolarlo e di impedirgli di raccogliere le pietre dal fiume, minacciandolo con rami di ginestra. Costanzo, per difendersi, lanciò loro una manciata di sabbia e questi individui si trasformarono per incanto in fantocci di pietra, giustappunto in Ciciu. La tenacia e la fede del ragazzo furono così premiate, perché la costruzione della chiesa che porta ancora il suo nome venne felicemente terminata.
Secondo un’altra leggenda, i Ciciu si formerebbero nottetempo per effetto delle masche, le streghe del folclore piemontese, oppure sarebbero state addirittura le stesse masche a trasformarsi in pietre, dopo un uragano che avrebbe interrotto un rito magico di un sabba, con nefaste conseguenze.
È quindi stato in questa atmosfera, tra fiaba, leggende e realtà scientifiche, che ho vissuto quell’avventura. Pertanto, conserverò gelosamente il ricordo della magia dei Ciciu del Villar, senza curarmi della mia famiglia che continua a divertirsi nell’osservare le fotografie che mi ritraggono con un abbigliamento inadeguato ai sentieri cosparsi di aghi di pino e di larghi gradoni in pietra, o mentre tento di nascondere all’obiettivo la borsetta ancor meno appropriata a quell’escursione; difatti, per rimanere in linea con la mia distrazione, mi ero scordata che, in occasione del pranzo di Ferragosto, l’avevo sostituita a quella sportiva e non mi ero accorta di averla portata con me, quel mattino…
Luciana Navone Nosari
Pubblicato il 2021-11-16 18:09:34.
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