Gesù Bambino e la neve
Ero soltanto una bimbetta quando, con i primi fiocchi di neve caduti a dicembre, iniziava la frenesia per l’avvicinarsi dell’allestimento del Presepe. Mentre le larghe falde scendevano a coprire le strade, e me, mi chiedevo quali novità vi avremmo inserito quell’anno, la mia mamma ed io.
A onor del vero, già da novembre cominciavo ad adocchiare nuove statuine nel negozio specializzato che si trovava un po’ lontano da casa. All’uscita da scuola, però – all’epoca, anche se si frequentavano le prime classi elementari, si tornava a casa da soli – infilavo la cartella sotto il braccio per non farla ballonzolare durante la corsa e mi precipitavo a osservare la vetrina. C’erano esposte decine e decine di composizioni in terracotta, in legno o in gesso raffiguranti pastori, falegnami, contadini, fabbri, pecorelle, cani, maiali, oche, cigni, galline, anatre, casette, alberelli… Ve n’erano anche di più economiche, costruite con del cartone pressato, ma io, durante l’anno, accantonavo parte dei soldini che mi regalavano gli zii in occasione delle svariate ricorrenze e rinunciavo a gelati, chewing-gum, dolcetti di marzapane o stecche di liquirizie pur di poter acquistare, “di tasca mia”, le statuine maggiormente rifinite, che peraltro erano anche le preferite della mia mamma.
Quando la neve diventava sempre più copiosa e formava una soffice coltre sulla strada, iniziavo a comperare qualche statuina, ma soltanto quando il calpestio rendeva le vie paragonabili a una pista di ghiaccio e vi scivolavo sopra come per pattinare - incurante dei rimbrotti della mamma -, mi aggregavo a lei per gli acquisti definitivi.
Erano batticuori nei momenti in cui, tornate a casa, scartavo ad una ad una le figurine, con il timore di sbeccarle, perché a quelle in legno preferivamo le fatture in gesso o in terracotta, quindi particolarmente suscettibili agli urti.
Prima però di iniziare a comporre il Presepe, possibilmente un pomeriggio in cui la neve cadeva poco o per nulla, ci recavamo nel bosco della collinetta dietro la casa della mia amica Renata e quasi sempre riuscivamo a trovare, non nascoste dalla neve perché protette da rami fitti o da abeti, delle larghe strisce di muschio: sprigionavano il profumo della terra bagnata non appena le sollevavamo e mi piaceva passare le dita fra quegli aghetti morbidi, ma con delicatezza, per non guastarne l’aspetto spumoso.
Il Presepe veniva allestito sul ripiano della lunghissima libreria che i miei genitori avevano fatto costruire “ad altezza di bambino”, affinché i figli non dovessero incorrere nel pericolo di salire su una sedia o, peggio ancora, su una scala per prendere un libro. Sembrava fatta apposta per quella circostanza, ed era un vero e proprio rito, sistemare tutto l’occorrente per rendere magica la composizione! Inizialmente si copriva il ripiano con della carta da pacchi, quindi vi si distendeva, con estrema accortezza, il muschio ancora umido e lo si appiattiva affinché non formasse delle “gobbe”, quindi la mia mamma, con della carta crespa, modellava la montagnola dove si sarebbe posato il castello di Erode: rosso, con torri smerlate, finestre e portone al cui interno si inserivano delle candeline piatte, da accendere all’occorrenza.
Si continuava poi con il disporre le casette di varie dimensioni, più piccole se dovevano risultare lontane, più grandi se più vicine. Bisognava anche infilare, nel muschio, qualche laghetto per ospitare i cigni (sicuramente non idonei al paesaggio di Betlemme, ma erano talmente affascinanti!) e a quel punto la mia mamma utilizzava degli specchietti facenti parte del suo “necessaire” da borsetta.
Finalmente, giungeva il grande momento della distribuzione delle statuine, che avevo il permesso di sistemare sui piccoli sentieri formati da bianchi sassolini, conservati da un anno all’altro nella grande scatola foderata di velluto rosso contente tutto il materiale. Mi piaceva tanto far seguire i pastori da numerose pecorelle, tutte bianche e “lanose”. Una grande emozione era poi costituita dall’allestimento della capanna… la stella cometa e l’angelo sulla sommità, quindi l’asinello e il bue, in primo piano la Madonna e San Giuseppe, con nel mezzo la mangiatoia che, alla mezzanotte della sera di Natale, avrebbe ospitato la statuina di Gesù Bambino.
A proposito di Gesù Bambino… all’epoca non si parlava di Babbo Natale, ma del Bambinello che faceva trovare i doni, se si era stati buoni! I cugini, gli zii e tutti i parenti riuniti al gran completo per il pranzo offerto ogni anno dai miei genitori, mi domandavano immancabilmente che cosa mi avesse portato, quel mattino, “Gesù Bambino”.
Sono stati tanti gli anni in cui l’emozione per l’approssimarsi del Natale e tutto quanto com0portava non si è mai affievolita, finché sono diventata più grande e ho saputo che i doni non arrivavano dal Santo Bambinello bensì dai genitori, però il fascino del Presepe è rimasto intatto, anche quando mi sono formata una famiglia mia e ho continuato la tradizione. È tuttavia stato quando sono arrivate due nipotine che l’entusiasmo è lievitato a dismisura, e ho rivissuto le stesse emozioni provate da piccola.
Le due fanciullette attendono ogni anno che la nonna pensi al Presepe, per aiutarla ad allestirlo, a “inventarlo” di nuovo. L’unico mio – grande - rammarico è dovuto al fatto che il mio “vecchio” Presepe, donato dalla mia mamma ai miei figli e per alcuni anni composto nella casa di Villar Perosa, dove trascorrevamo le vacanze natalizie, dopo l’Epifania era stato imballato e deposto nella solita, grande scatola rossa, sul balcone coperto, ma un violento uragano l’aveva spazzato via. Gli addobbi, tutti gli addobbi, erano finiti nei prati adiacenti la casa e qualcuno doveva essersi impossessato di quelli non sbriciolati. Ero riuscita a recuperarne soltanto tre e mi ero augurata che gli eventuali superstiti fossero perlomeno finiti fra le mani di qualche bambino che li apprezzasse.
Fin da quando erano piccolissime le mie nipoti, emulando la nonna, già a fine novembre mi chiedono in quale giorno potranno venire da noi per allestire il Presepe. A fatica riesco a contenere la loro impazienza sino all’8 dicembre, dopodiché cedo alle loro pressioni e inizia così la “processione” per andare alla scoperta di nuovi personaggi. I segnali che anticipano l’avvicinarsi del laborioso allestimento sono però molto diversi da quelli che captavo quand’ero bambina. A Torino, difatti, da alcuni anni quasi non cade più la neve e, quando si fa vedere, sul terreno rimane poche ore e si trasforma in fango o in sottilissime lastre di ghiaccio. È finito il tempo in cui stavamo tutti col naso in su per lasciar scivolare, fra le labbra, l’algida leggerezza dei larghi fiocchi. E alle studentesse non capita, come capitava a me, di dover attendere il tram calzando degli scarponcini per non dover stare tutto il tempo delle lezioni con le calze fradice. Come non succede più, alle mamme, di dover togliere la neve accumulata sulla capote dell’auto prima di accompagnare i figli a scuola.
In conclusione, da alcuni anni i segnali che anticipano l’Avvento alle mie nipoti sono costituiti dalle Luci d’Artista, con le quali il Comune di Torino addobba le vie del Centro a partire dal mese di novembre, annunciando loro che sta per arrivare il “gran momento”!
A parte la mancanza della neve, però, quasi tutto il resto è rimasto come allora, per quanto riguarda i preparativi. Purtroppo, raramente riesco a recuperare del muschio vero, ma anche il sintetico fa la sua figura, sebbene non emani il profumo di quello della mia infanzia. Per contro, ho modo di trovare differenti “fornitori”; oltre che nei negozi specializzati, mi reco con piacere allo storico mercato del Balôn alla ricerca di antiche statuine, vecchie pecorelle non in resina ma foderate di lana candida, anche se un po’ ingiallita dal tempo, ma in fondo sono passati 2021 anni da “quel giorno”, e un po’ di invecchiamento si può accettare…
Ho anche voluto conservare - e concedere loro l’importanza affettiva che meritano - le tre statuine reduci dalla furia dell’uragano; sono molto più grandi e sproporzionate, se confrontate a quelle che le hanno sostituite, ma fanno parte della storia di tanti Natali indimenticabili… di tante messe di mezzanotte da cui uscivo per mano ai miei genitori, a mio fratello, poi a un fidanzato, a un marito, ai miei figli, al bagaglio di esperienze di vita nuove, piccole o grandi, gioiose o dolorose.
Ed è così che, rientrando in casa, ogni notte del 25 dicembre – esattamente come capitava quando ancora non ero nonna - ritrovo intatto, nel suo messaggio di spiritualità, il mio Presepe… anche se adesso la sua postazione è cambiata. Viene difatti allestito su una superficie meno grande di quella della libreria a “misura di bambino”, tuttavia l’entusiasmo e l’emozione che accompagnano la sua composizione non sono inferiori, sia in me sia nel cuore delle ragazzine. Sono molte le domande che, specie nei primi anni, mi ponevano sulla nascita di Gesù, sulle origini e sui credo della nostra Religione, e mi commuovevano il loro interesse, il loro desiderio di “sapere”, di conoscere quella che mi piaceva raccontare come una favola: la favola più bella, più vera, dove statiche figure di gesso o di terracotta si trasformavano per assumere e diffondere tutta la spiritualità, il misticismo e l’aura di AMORE racchiusi nella storia del Bambinello che la notte di Natale scende fra noi…
Luciana Navone Nosari
Pubblicato il 2022-01-12 18:07:12.
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