di Mario T. Barbero
“…La valenza dell’opera di Man Ray per l’arte del Novecento non è più in discussione la sua centralità viene costantemente ribadita nelle esposizioni a lui dedicate, così come nella ormai vastissima bibliografia critica. Ma una lettura imprescindibile per la disamina della sua opera è senza dubbio quella degli scritti dello stesso Man Ray. La mostra muove appunto dalle riflessioni dell’artista raccolte nella sua autobiografia dal titolo Autoritratto, che divengono il filo conduttore con il quale rileggere il suo straordinario percorso creativo. Con uno stile leggero e scanzonato, Man Ray ripercorre l’avventura artistica che lo ha condotto a confrontarsi con i più profondi e drammatici mutamenti del Novecento, in un racconto nel quale si fondono opere e personaggi, episodi della vita privata e momenti cruciali della storia, in un intreccio inestricabile fra dimensione esistenziale e artistica …”.
Con queste parole, Marco Franciolli, Direttore del Museo d’Arte della Città di Lugano, ci presenta l’importante mostra su Man Ray (Lugano 26 marzo-19 giugno 2011). Si tratta di una esposizione di grande rilievo che intende mettere in rilievo e presentare al pubblico la creatività di uno dei più illustri esponenti del Novecento. Le sue opere sono ormai divenute vere e proprie icone che mettono in luce l’inventiva e la caratteristica attività lavorativa di un artista fra le figure più emblematiche del secolo scorso. Scopo principale della mostra di Lugano è quello di evidenziare, attraverso validi accostamenti, la ricorrenza di temi e motivi figurativi attraverso le opere di questo artista eclettico e, sotto certi aspetti, anticipatore di altri artisti suoi contemporanei che, dalle sue opere, hanno subito notevole influenza sia nelle vesti di fotografo, sia in quelle di pittore e di creatore di oggetti e film sperimentali. Una mostra che attraverso circa quattrocento opere mette in luce i principali temi guida del suo genio creativo: la figura femminile, la passione per gli scacchi, il raffronto tra realtà e finzione, la maschera e la personalità e la personalità velata nell’ambito di sperimentazioni in campo fotografico.
Nato a Philadelfia nel 1890, Man Ray è stato un vero e proprio giramondo attraverso più Paesi; movimenti che gli hanno permesso di formare una personalità e una forma mentis al punto che passato e presente si fondono e si intersecano fra di loro, fino a condizionarsi a vicenda. Negli anni della sua gioventù impaziente la sua mente era però rivolta all’Europa, alla quale è approdato però solo nel 1921. Negli anni newyorchesi inizia il suo apprendistato artistico dove incontra alcune figure di spicco rivelatesi poi fondamentali nella sua vita, come il fotografo Alfred Stieglitz, Marcel Duchamp, l’alchimista di una nuova arte che vuole provocare e sconvolgere gli antichi concetti della tradizione, la scoperta dell’amore con la poetessa Adon Lacroix: un evento che è premonitore per intraprendere il suo percorso e il ritmo che spesso si troverà nelle sue opere. Quando ritorna a New York trova una città ostile e quasi sconosciuta, decide quindi di attraversare l’America on the road in auto per giungere fino a Los Angeles dove alloggerà nei pressi di Hollywood, non dimentico anche della sua attività di cineasta. Quando torna a Parigi, si ritrova finalmente nel suo ambito. E proprio a Parigi muore nel 1976 e dove riposa nel Cimitero di Montparnasse.
Le opere del primo periodo americano di Man
Ray rispecchiano l’ambiguità e la molteplicità delle sue origini (non
dimentichiamo che i genitori provenivano dalla Russia ancestrale e primitiva
dell’Ucraina e Bielorussia) e della imperante Modern-Art. Opere come nell’Enigme
d’Isidore Ducasse nel quale si vede lo scheletro di una macchina per cucire
a ricordo del lavoro dei genitori.
Osservatore critico di quello che accade nel mondo che lo circonda, Man
Ray fa parte integrante della storia del XX secolo, sia sotto gli aspetti
sociali che artistici. Tra le sue opere del periodo di New York e
Ridgefild spiccano il Ritratto di Samuel Halpert in calzoni corti
seduto (del 1912), il Ritratto di Dorothy, una delle sue sorelle. Facendo rapidamente
scorrere le sue opere, troviamo: Nudo
di donna di profilo, Female nude, Nudo di donna in piedi e Nudo di donna seduta. Le
opere su tela, come: Landscape (1913), Promenade (1916), Chinese Theatre (1914), le stampe fotografiche Preconception of Violetta (1919),
Marcel Duchamp et la rotative (1920),
Insomma, quella di Lugano si
presenta con tutte le credenziali per essere definita: “una grande mostra per
un grande artista”.
Pubblicato il 2011-05-15 08:59:48.
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