Franco Arminio – “Cartoline dai morti”
(Edizioni Gransasso nottetempo)
L’ipocondria, sì proprio lei causa negli uomini la paura della morte, che spesso sfocia nel “non vivere” ma solo i morti, solo essi forse possono inviarci della “cartoline” per farci comprendere che cosa possa voler dire realmente vivere, quella rivelazione che si percepisce all’ultimo sospiro, forse anche oltre di esso. Franco Arminio, classe ’60, scrive le sue “Cartoline dai morti”, Gransasso nottetempo, facendo parlare loro,attraverso quella che potrebbe essere la loro fine; la “banalità” della morte e del modo in cui si muore insegna a vivere, qualcuno se ne va con un cancro, qualcun altro muore d’improvviso, nessuna avvisaglia, tranne quella che tutti gli esseri umani dovrebbero avere, un giorno si muore e quindi vale la pena nel frattempo vivere. Poche frasi, intense e cariche di un significato assoluto che stravolgono il lettore, e in lui cresce la tensione, grazie alla capacità sinteticamente coinvolgente dell’autore. “Una mosca si è posata sulla mia faccia sudata. Io stavo morendo e lei si godeva il mio cattivo odore” così “recita” un morto, e ancora “Stavo facendo la barba a un vecchio. Io avevo quarantanove anni e lui novanta. Sono morto con il rasoio in mano. Sono caduto all’indietro, come da un cavallo”. E qualcuno la morte l’ha abbracciata “Ci ho provato in vari modi, ma senza convinzione. Alla fine mi sono impiccato”. Flash di vita vissuta che potrebbero colpire chiunque o potrebbero averci sfiorato da vicino, un viaggio a ritroso per ricordarsi di vivere, frecciate e paure che si intrecciano in pensieri brevi, come una fotografia di scorcio, o sfocata, che però non ti confonde le idee,accompagna ancor meglio le sensazioni emotive di confusione e timore:“Cancro ai polmoni, per colpa del fumo di mio marito. Lui fumava pure nel letto. Si svegliava alle tre e cominciava a fumare. Fumava anche di giorno, ma un po’ di meno”. Storie che si accavallano in 134 pagine costituite ognuna di tre, cinque righe, un condenso emozionale che taglia il fiato e riconduce alla cruda realtà perversa e controversa dell’essere umano.
Maria Teresa Vivino
Pubblicato il 2013-03-13 11:41:00.
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