E’ ormai sotto gli occhi di tutti che sia in televisione che sui giornali, come per radio e internet, ogni fatto di cronaca nera o che, comunque, abbia una connotazione di un evento a sfondo delittuoso (sia esso un omicidio, una rapina, uno stupro o un rapimento) diventa per il pubblico uno spettacolo comunque assicurato. La spettacolarizzazione dell’evento è ormai da considerare un fatto dovuto. E spesse volte l’attuale modo di fare giornalismo si confà alla citazione di John Peers: “L’informazione che abbiamo non è quella che desideriamo. L’informazione che desideriamo non è quella di cui abbiamo bisogno. L’informazione di cui abbiamo bisogno non è disponibile”. Sul fatto che la stampa spettacolarizzi in modo eccessivo i fatti criminosi e sulle conseguenze negative che tale enfatizzazione trasmette ai lettori e agli spettatori, con il rischio (tutt’altro che ipotetico) che questo sistema di fare comunicazione dia adito a pericolose emulazioni siamo tutti d’accordo. E proprio sull’argomento, Giuliano Molineri ha tenuto una interessante e seguita conferenza presso il Lions Club Torino Valentino (in intermeeting con il Lions Club Torino Valentino Futura). Servendosi di un documento video che presentava l’esplosione mediatica di fronte ad alcuni delitti di cui tutti ormai ne abbiamo (purtroppo a iosa) letto e sentito da tempo parlare, come il “caso Cogne”, i delitti di Garlasco, Erba, Novi Ligure e Perugia, Giuliano Molineri ha voluto richiamare l’attenzione del mondo della stampa e della comunicazione in genere, ma anche di quello della cultura, della politica e degli opinion leader, con l’intento di avviare un dibattito aperto e propositivo al riguardo. Lo scopo del relatore era quello di ottenere un “abbassamento dei toni” e degli spazi dedicati a tali eventi, evitando, il più possibile, di documentare i fatti con immagini troppo crude e gratuitamente violente. Naturalmente, ha affermato Molineri, senza con ciò volere limitare la libertà di stampa: spesse volte sarebbe sufficiente dare la notizia (perché ognuno ha diritto di informazione e i media hanno il dovere di informare) senza però soffermarsi o, peggio, romanzare l’evento delittuoso con approfondimenti molte volte pretestuosi e totalmente gratuiti. Si tratta, in sostanza, di un invito alla responsabilità e all’obiettività da parte di chi ha in mano uno strumento così importante e delicato come quello dell’informazione. E nello stesso tempo, di infondere al lettore il desiderio di pensare in positivo, evitando, in particolar modo in questi momenti “globalmente” difficili, inutili iniezioni di panico e di inquietudine. Non sarebbe meglio evitare di “mettere in piazza” fatti e atteggiamenti morbosi solo per il gusto dell’eccessivo e limitarsi a informare il lettore o lo spettatore, lasciando al medesimo di trarre le relative conclusioni? Non è forse quello che in poche parole ci dice Italo Calvino “Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto”? Pensiamoci. Non è mai troppo tardi! |
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Pubblicato il 2011-05-26 05:36:17.
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