GAM Torino | LOTTO ZERO E PRIMA RISONANZA Direzione di Chiara Bertola
Nell’ambito del più complessivo progetto di riqualificazione e rigenerazione del museo e in attesa del Concorso internazionale di progettazione, la GAM propone il rinnovamento di parte dei propri spazi con il completamento del Lotto zero. Inaugura la nuova stagione espositiva offrendo al pubblico una diversa esperienza di visita ancora più inclusiva.
Prendono il via le RISONANZE tra le collezioni permanenti e le mostre
Le novità:
· COMPLETATO IL LOTTO ZERO di riqualificazione di parte degli spazi espositivi e di accoglienza, guardando al passato per proiettare il museo verso il futuro.
· Riapre al pubblico il SECONDO PIANO dell’edificio, chiuso da 6 anni, che accoglie anche il DEPOSITO VIVENTE.
· Un nuovo allestimento delle COLLEZIONI PERMANENTI ispirato ai temi delle mostre: luce, colore, tempo. · L’INTRUSO: Stefano Arienti offre letture inattese del display espositivo
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NEWS Con la PRIMA RISONANZA prende forma, dal 15 ottobre 2024, l’avvio del grande progetto di rilancio e riqualificazione della nuova GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, con la direzione di Chiara Bertola. La nuova stagione espositiva prende il via con il parziale rinnovamento degli spazi espositivi e di accoglienza al pubblico: è stato completato il Lotto Zero, l’anticipazione del più complessivo e ambizioso progetto di totale riqualificazione della GAM e dell’edificio che la ospita, che intende rilanciare il museo proiettandolo verso il futuro e a offrire un’esperienza di visita ancora più inclusiva e innovativa. Il completamento di questa prima fase anticipatoria dei lavori di rigenerazione del museo ha permesso la riapertura, dopo sei anni, del secondo piano dell’edificio, valorizzandone la struttura originaria con gli ambienti pervasi dalla luce naturale e la ristrutturazione del foyer e dei laboratori del Dipartimento Educazione, che sono stati trasformati per ampliarne gli spazi, restituire l’apertura verso il giardino e per favorire l’accesso e la sosta dei visitatori. Il Lotto zero è stato progettato insieme allo studio PAT. Architetti Associati ed è stato realizzato grazie al fondamentale sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo e con il supporto di Secap SpA, l'impresa di costruzioni che ha eseguito i lavori. La GAM presenta anche una nuova identità visiva, realizzata da Studio Fludd. Il nuovo allestimento delle collezioni, curato da Chiara Bertola, Elena Volpato e Fabio Cafagna, è pensato in dialogo con le tre grandi mostre dedicate ad altrettante artiste di primo piano nel panorama internazionale - Berthe Morisot, a cura di Maria Teresa Benedetti e Giulia Perin (dal 15 ottobre), Mary Heilmann, a cura di Chiara Bertola (dal 30 ottobre) e Maria Morganti, a cura di Elena Volpato (dal 30 ottobre) – generando così una polifonia i cui temi portanti sono la luce, il colore, il tempo. Fuori da un preciso perimetro cronologico, le opere risuonano le une accanto alle altre, consentendo l’affioramento di affinità e tensioni spesso inaspettate. Al secondo piano il pubblico potrà scoprire inoltre il Deposito vivente, un display che, emulando un deposito museale, consente di fruire di un ambiente densamente abitato dalle opere e in continua trasformazione. Ad aprire altre possibilità di interpretazione è anche l’“intruso”, l’artista Stefano Arienti, chiamato ad intromettersi all’interno delle collezioni e della mostra dedicata a Berthe Morisot. Il suo intervento consiste soprattutto nell’integrazione di opere e oggetti negli ambienti della mostra, per rievocare l’atmosfera domestica dei soggetti proposti dagli impressionisti. In questo modo l’intrusione di Arienti crea degli inciampi, interrompendo la narrazione precostituita e destando l’attenzione del visitatore.
LE COLLEZIONI PRIMO E SECONDO PIANO a cura di Chiara Bertola, Elena Volpato, Fabio Cafagna
La GAM rinnova l’allestimento delle sue collezioni, arricchite nel tempo anche grazie alla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, con un percorso espositivo che si articola attraverso il primo e il secondo piano dell’edificio. Il nuovo allestimento, ideato in sintonia con le mostre della programmazione autunnale, si articola in quindici sale. Il percorso di visita parte dal secondo piano. Il visitatore, immediatamente, è invitato a entrare nel Deposito vivente. Il progetto di questo primo spazio ha previsto il denudamento di alcune pareti -attraverso la tecnica dello stripping - per mostrare gli originari muri inclinati dell’edificio concepito da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti nel 1959. Riemerge così lo scheletro originale della Galleria e quella sua peculiare qualità architettonica, brutalista, per anni rimasta celata. Nel Deposito vivente trovano spazio, collocati su scaffali, griglie e talvolta nelle loro casse d’imballaggio, dipinti, disegni e sculture che, in più di un caso, non si mostravano al pubblico ormai da tempo. A seguire una sala di riposo, inondata dalla luce naturale come nel progetto originario del 1959, accoglie arredi, sculture e dipinti della prima metà del Novecento. Questo ambiente, immaginato come un momento di decantazione, è la premessa a un ordinamento giocato sulle relazioni, risonanze e attrazioni tra opere e nuclei tematici di cronologie anche molto distanti. Ogni sala è il capitolo di un racconto, con la propria narrazione e i propri personaggi. Ad accumunare le storie sono i motivi tratti dalla poetica e dalla pratica delle tre artiste che con le loro mostre, animano gli spazi della GAM: Berthe Morisot e la sua pittura ariosa, intrisa di luce; Mary Heilmann e il suo approccio non ortodosso alla forma e al colore, Maria Morganti e la sua metodica e lenta ricerca sul tono cromatico. Sala dopo sala, le opere sono allestiste a risuonare le une accanto alle altre. Un ambiente, con opere di Gastone Novelli, Achille Perilli, Alberto Burri, Cy Twombly e Franco Vaccari, è dedicato a quelle sperimentazioni segniche degli anni Cinquanta in cui i muri si trasformano in palinsesti di vita vissuta. Nella sala successiva i muri delle città lasciano il posto al paesaggio antropizzato delle campagne. La monumentale Semina di Pedro Cabrita Reis è posta in dialogo con una selezione fotografica di malinconici campi arati di Mario Giacomelli, mentre la mitologia del viaggio costituisce il tema portante della sala seguente in cui si confrontano opere di Massimo d’Azeglio, Otto Dix, Osvaldo Licini e Luigi Ontani. I trapassi cromatici, atmosferici e stagionali aggregano le opere di Luciano Fabro, Mario Reviglione, Medardo Rosso, Leoncillo e Leonardo Bistolfi. Queste ultime allestite nel passaggio tra le due maniche del secondo piano, in cui la luce naturale per anni schermata da muri in cartongesso è ora libera di entrare. Nei due ambienti successivi, più intimi e raccolti, sono alcune nuove acquisizioni a confrontarsi con opere più conosciute delle collezioni museali. Le pennellate spontanee di Bill Lynch si specchiano nelle nature morte di Filippo De Pisis; i vapori pittorici di Michele Tocca nelle fotografie di Luigi Ghirri e nei dipinti di Antonio Fontanesi. Il secondo piano si conclude con una vivace e chiassosa vibrazione cromatica, che vede fronteggiarsi la grande tela di Nicola De Maria Regno dei fiori musicali. Universo senza bombe con le opere di Carla Accardi, Lucio Fontana e Giuseppe Capogrossi. Le risonanze continuano al primo piano, dove la presenza di un artista contemporaneo, con la sua peculiare sensibilità, consente di rileggere opere note, creando imprevedibili assonanze o contrasti visivi. Lorenza Boisi e Stefano Arienti dialogano con Lorenzo Delleani, Enrico Reycend e Mario Gabinio; Maria Morganti con la pittura veneta di Giacomo Favretto, Guglielmo Ciardi e Tancredi Parmeggiani. La violenza cromatica di Pesce Khete si confronta con il segno corsivo di Karel Appel e il vigore espressivo di Pinot Gallizio. Mentre Luca Bertolo condivide il suo spazio con Andy Warhol, Franco Angeli, Pino Pascali e Mario Schifano. Non mancano ambienti scaturiti dal raffronto tematico: la ritmicità cromatica di Piero Dorazio a confronto con quella atmosferica di Antonio Fontanesi; la musicalità di Giuseppe Pellizza da Volpedo e Vittore Grubicy De Dragon con le geometrie e la serialità di Giacomo Balla, Sergio Lombardo e Robin Rhode. Infine, la città rutilante di Francesco Jodice e quella patinata di Franco Fontana si animano alla presenza delle opere di Salvatore Scarpitta, Giosetta Fioroni, Michelangelo Pistoletto, Titina Maselli, Jessica Stockholder e Jannis Kounellis.
SECONDO PIANO
Il Deposito Vivente crea un contatto inedito tra il pubblico e la collezione del museo, rivelando parte del vasto patrimonio artistico. Questo spazio non è solo un luogo di conservazione, ma un ambiente dinamico dove l’arte è presentata secondo mutevoli punti di vista e al di fuori dei percorsi espositivi tradizionali. Accostando in modo inedito alcuni capolavori della collezione a sculture e dipinti meno noti, e per alcuni aspetti sorprendenti, le opere acquisiscono nuova vitalità, stimolando interazioni e riflessioni critiche che sfidano le gerarchie convenzionali. Il Deposito Vivente permette ai visitatori di scoprire la dimensione nascosta della GAM, rivelando come ogni museo sia un organismo vivo, in costante trasformazione. Le opere sono visibili dal pubblico attraverso uno sguardo dal di dentro, da dietro le quinte, così come sono abituati a vederle gli addetti ai lavori: appese alle rastrelliere, allineate sugli scaffali, custodite in casse, tutte cariche di un’energia potenziale che le scelte curatoriali devono portare alla luce e far parlare. Il contrappunto tra il display delle sale, la studiata mise en scene di mostra, e il giacimento grezzo delle opere, tipico invece degli spazi di deposito, sarà un ulteriore modo di far conoscere ai visitatori la macchina museale e gli innumerevoli modi in cui la GAM disvela il senso di ciò che custodisce.
L’INTRUSO STEFANO ARIENTI Da un’idea di Chiara Bertola
L’Intruso è un artista o un curatore invitato in ogni Risonanza a dialogare con le mostre e con le collezioni della GAM. La sua “intrusione” sarà decisiva in ogni riallestimento delle collezioni e in quel rimettere in moto traiettorie interpretative o tranquillizzanti percorsi cronologici. Intrusione per elaborare una propria visione a contrappunto e, insieme, a sostegno dell’organismo espositivo museale. Quando si parla di intrusione si fa riferimento a una pratica in qualche misura disturbante, nella quale qualcosa o qualcuno viene inserito o si inserisce con prepotenza all’interno di un’unità dotata di equilibrio proprio. Questa figura è destinata a creare degli inciampi al percorso rassicurante del Museo. Sorprendere con display imprevisti e offrire visioni inattese all’interno del palinsesto della programmazione e dell’allestimento delle collezioni del Museo. L’intruso sarà quindi invitato a ogni stagione espositiva per scompaginare e ricomporre con ordini visivi imprevisti, per riaprire e rimettere in moto tutte le relazioni spazio temporali all’interno del mondo “congelato” del Museo. Rivedere allora il concetto di conservazione e portarlo fino a coincidere con il suo contrario, il più lontano possibile dall’idea di chiusura, di immobilità restando comunque all’interno del museo. Corredano il progetto i Quaderni dell’Intruso, generosamente offerti e pubblicati dalla casa editrice Umberto Allemandi.
Stefano Arienti è il secondo Intruso, dopo il curatore Fabio Cafagna nella mostra di Italo Cremona, chiamato a intervenire negli spazi delle collezioni permanenti e della mostra dedicata a Berthe Morisot. Per la prima Risonanza l’artista ha offerto il suo particolare punto di vista nell’allestimento del Deposito Vivente intervenendo insieme ai curatori nella selezione delle opere e sulla composizione del display espositivo, e nella sala di riposo del secondo piano con l’opera del grande tappeto, un esempio di manipolazione di un’immagine caratteristica del suo fare: una fotografia dell’immagine di una superficie d’acqua stampata su moquette, creando una sorta di trompe l’oeil contemporaneo. Infine è possibile scoprire alcuni suoi interventi sui tre piani del museo, negli ambienti di passaggio che portano agli spazi espositivi, il disegno su telo antipolvere di una grande montagna dorata al piano -1, un grandissimo pioppo che sembra nascere dai pavimenti arabescati di marmo al primo piano e due meridiane nelle due entrate del Deposito Vivente al secondo piano.
L’intervento di Stefano Arienti si integra infine negli ambienti della mostra di Berthe Morisot per evocare l’atmosfera domestica dei soggetti proposti dagli impressionisti. Arienti riveste le pareti con carte da parati e nastri d’organza a righe o fiori, tipici dell’epoca, e introduce dettagli d’arredo come un pianoforte, un attaccapanni e una bacheca con la frutta di Francesco Garnier Valletti proveniente dal Museo della Frutta di Torino. I suoi “quadri di pongo” amplificano il tocco sfuggente, frastagliato e imprendibile di Morisot, aggiungendo una dimensione tattile inaspettata alla pittura impressionista. Un altro tappeto trompe-l’œil di un grande prato soleggiato nella stanza del giardino d’inverno, infine, illumina l’ambiente, ricreando lo spazio ideale della pittura en plein air.
L’artista invita a riflettere sui temi della natura, della storia dell’arte, dei valori luminosi e della riconversione auratica di immagini paesaggistiche comuni e quotidiane. Partendo da oggetti ordinari, Arienti li trasforma e li riconverte, rinnovando così la riflessione sul loro valore pittorico. Arienti si considera più pittore che scultore: lavora con le immagini e definisce il proprio approccio come “pittorico”, pur senza dipingere nel senso tradizionale del termine. Tuttavia, il suo lavoro si concentra fortemente sui valori tattili della pittura. Interviene spesso su figure dipinte o fotografate, “implementandole” o “aumentandole” con materiali come plastilina, pongo e puzzle. Aggiungendo materia all’immagine, Arienti la trasforma, rendendola più tangibile, vibrante e viva.
LA NUOVA GAM 4.0
Il Piano Strategico che la Fondazione Torino Musei ha avviato nel 2024 presenta un lungo e articolato capitolo, ambizioso quanto necessario, denominato La nuova GAM 4.0 ovvero il grande processo di riqualificazione e rigenerazione della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea. L’obiettivo è quello di ripensare e riposizionare la GAM a livello internazionale e di riaffermare il ruolo e il prestigio del più antico museo d’arte moderna nazionale, con un percorso che riprenda e attualizzi lo spirito d’avanguardia che ne caratterizzò la nascita e che ne fece un raro esempio sul piano internazionale, proiettandola nel futuro. Innovazione e avanguardia rappresentano il filo conduttore che guida questo ambizioso progetto, riprendendo e facendo evolvere quello spirito innovativo e avanguardista che ha caratterizzato la nascita del Museo e l’ideazione dell’edificio. Sostenibilità ambientale e risparmio energetico, innovazione architettonica e tecnologica, attuazione di nuovi modelli di fruizione museale rivolti al pubblico di domani nel fondamentale segno dell’inclusione e del ruolo sociale del museo. Grazie al supporto di Fondazione Compagnia di San Paolo e della sua partecipata, la Società Prisma, e con il contributo del Back Office Cultura Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” (CCR) si sta procedendo con il lancio del Concorso internazionale di progettazione, finalizzato alla realizzazione per lotti dell’intera riqualificazione. L’intero progetto richiede importanti risorse, e la sua realizzazione non può essere portata avanti senza il fondamentale contributo del Ministero della Cultura oltre che dei Soci fondatori della Fondazione Torino Musei. L’avvio del progetto avviene grazie al supporto ideativo e finanziario della Fondazione Compagnia di San Paolo, che, oltre all’esecuzione della prima parte dei lavori con il Lotto Zero, che oggi presentiamo, sosterrà la progettazione dell’intero restauro e parte dell’investimento complessivo.
IL LOTTO ZERO RIQUALIFICAZIONE DEL SECONDO PIANO, DEL FOYER E DEGLI SPAZI DEL DIPARTIMENTO EDUCAZIONE
A partire dunque da questo primo intervento di riqualificazione denominato Lotto zero, la nuova GAM ha l’ambizione di assumere il ruolo di esempio di museo del futuro. Spesso in arte e in architettura le traiettorie verso il futuro sono percorsi simmetrici verso la conoscenza del passato e per Gordon Matta Clark, artista con una formazione da architetto, disfare è un atto democratico tanto quanto fare. Alla GAM si è quindi lavorato per sottrazione, cercando di liberare l’edificio originale dalle aggiunte che si erano accumulate nel corso degli anni: strati di intonaco, cartongesso, controsoffitti, impianti in disuso. Un intervento che ha coinvolto una superficie di 3200 mq nel pieno di quel “fare di più con meno” che è un imperativo etico ed ecologico. Nel foyer è stata razionalizzata l’organizzazione di biglietteria e guardaroba per restituire allo spazio il respiro originario. I pilastri, che negli anni erano stati intonacati o inglobati in strutture di cartongesso, sono stati liberati e stonacati, riportando alla luce il calcestruzzo bocciardato che si vedeva nelle foto del 1959, quando la Galleria d’Arte Moderna appena inaugurata era un riferimento di avanguardia architettonica museale in Europa. Altri cartongessi sono stati rimossi dalle vetrate del vano scale, per farlo intravvedere, rendendo l’atrio più luminoso. Gli arredi originari, come le sedute fatte produrre dai progettisti appositamente per l’auditorium, disperse negli anni in diversi uffici comunali, sono stati restituiti al loro luogo d’origine. La visione che ha guidato la Direzione del museo e lo studio PAT. Architetti associati è stata quella di rendere l’intero piano terreno – e il giardino – un luogo aperto e vivo, a cui si possa accedere anche senza biglietto. Si è lavorato con un occhio al passato e uno al futuro, dando spazio a tecnologie multimediali per comunicare al meglio le numerose attività della GAM. La strategia di rimozione, anticipata nel foyer si manifesta in modo più compiuto nel secondo piano del museo, che riapre al pubblico dopo sei anni. La chiusura era stata determinata da problemi di infiltrazioni, già risolti, mentre restava da affrontare un problema di sfondellamento dei solai in laterizio. Intervenire è stata l’occasione per rimuovere il carabottino (controsoffitto a griglia) in alluminio che dagli anni ‘90 ingabbiava quei soffitti la cui conformazione è il tratto distintivo del museo: l’inclinazione di tetto e pareti perimetrali era stata progettata per poter consentire l’illuminazione naturale delle gallerie dall’alto. Una concezione all’avanguardia, purtroppo compromessa da carenze realizzative: le coperture trasparenti furono sostituite con pannelli ciechi e, con l’introduzione dei controsoffitti grigliati e di contropareti perimetrali a mascherare nuovi impianti, si perse ogni traccia della spazialità originaria. Erano state chiuse anche le vetrate sul perimetro, eliminando gli affacci verso il giardino e la città – elementi fondamentali per prevenire quella che in linguaggio scientifico si chiama museum fatigue. Le rimozioni operate hanno permesso di svelare i soffitti della galleria, rendendone leggibile l’articolazione, di restituire le aperture verso l’esterno e di rimettere in comunicazione le due maniche parallele, ricreando una zona di riposo a due arie, con affacci a Est e Ovest, come già era presente nel progetto degli anni ’50. L’intervento ha reso nuovamente fruibili 1200 mq di spazi espositivi, un bene quanto mai prezioso perché la città possa godere di opere troppo spesso relegate nei depositi. È proprio in questo senso che il secondo piano della GAM si è arricchito del Deposito Vivente, una sezione dove, riutilizzando le griglie provenienti dai depositi della Galleria, alcune opere sono allo stesso tempo conservate ed esposte: un gesto fondato sulla circolarità che valorizza un bene pubblico in tutte le sue componenti, tanto di infrastruttura quanto di patrimonio artistico.
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DANIELA MATTEU
Fondazione Torino Musei | GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
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e-mail: daniela.matteu@fondazionetorinomusei.it
Pubblicato il 2024-10-15 18:17:24.
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