Un grande evento culturale
Dal 23 ottobre 2013 al 23 febbraio 2014
Le varie "versioni" nella pittura di uno dei Maestri dell’Impressionismo francese
Una grande mostra su RENOIR alla GAM di Torino
La mostra torinese si articola in nove sezioni.
L’età della Bohème
Dopo l’ammissione all’Ecole des Beaux-Arts nel 1862, Renoir conosce e frequenta Alfred Sisley, Frédéric Bazille e Claude Monet, con cui soprattutto condivide sessioni di pittura en plein air a Fontainebleau o alla Grenouillère nei dintorni di Parigi.
Sono di questo periodo alcuni suoi ritratti di conoscenti e amici: William Sisley (1864), Frédéric Bazille (1867), Claude Monet (1875), esposti in questa sezione con due opere dello stesso Bazille, il suo studio (1870) e un ritratto dello stesso Renoir (1867), e uno di Monet, un paesaggio invernale di Honfleur (1867 circa). Qui anche due dei primi nudi di Renoir, tra i temi più cari all’artista, Il ragazzo con il gatto (1868) e Femme demi-nue couchée: la rose (1872 circa).
“Nous adorons les femmes de Renoir” (Proust)
Si entra nel cuore della mostra con una galleria di meravigliosi ritratti femminili, dove davvero risulta difficile scegliere tra Madame Darras (1868 circa), La liseuse (1874-1876), Giovane donna con veletta (1870 circa), Madame Georges Charpentier (1876-1877), Femme au jabot blanc (1880), Giovane donna seduta (1909), sino al ritratto di Colonna Romano (1913). Renoir sceglie le sue protagoniste da ogni estrazione sociale: borghesi, operaie, ballerine, tutte rivestite da una grazia speciale e da un’impalpabile bellezza che rievocano i modelli femminili dell’arte settecentesca. Si può dire che Renoir inventi la donna dell’Ottocento, tanto da far scrivere a Proust: “Des femmes passent dans la rue, […] ce sont des Renoir”.
“Le métier de paysagiste” (Renoir)
La collezione di opere di paesaggio di Renoir del Musée d’Orsay è probabilmente la più bella al mondo. Questa sezione ne presenta dieci, che ripercorrono un esteso arco cronologico, comprendente il viaggio ad Algeri effettuato dall’artista nel 1881. Relative a questo soggiorno nordafricano troviamo esposte: Campo di banani, Paesaggio algerino e La moschea, dove Renoir dipinge palme baciate dal sole, giardini privati e orti dal sapore esotico. Le altre tele rappresentano splendide vedute dove si percepisce la grande attrazione del maestro per l’acqua, il verde e i giardini, fonte continua di ispirazione, per la crescita perenne delle piante e quella che definiva la loro intrinseca “irregolarità”, che considerava sacrosanta rispetto alla natura domata dall’uomo: Chiatte sulla Senna (1869), Il Pero d’Inghilterra (1870 circa), La Senna ad Argenteuil (1873), Il sentiero nell’erba alta (1876-1877), La Senna a Champrosay (1876), Il ponte della ferrovia a Chatou (1881) sino a Paesaggio a Cagnes (1915 circa), dipinto dalla celebre tenuta “Les Collettes” in Costa Azzurra, dove Renoir si rifugiò alla fine della sua vita per trovare un clima mite che lo curasse dalla grave patologia reumatoide che lo affliggeva. “L’ambiente circostante esercita su di lui un’influenza enorme – diceva di Renoir il fratello Edmond – si lascia trascinare dal soggetto e soprattutto dal luogo in cui si trova.” L’artista stesso diceva di apprezzare i dipinti “che mi fanno venir voglia di passeggiarci dentro”.
Infanzia
I bambini, spesso i suoi figli o figli di amici, sono molto presenti nell’opera di Renoir. Queste nove opere esposte fanno a gara con i ritratti femminili nel regalarci istantanee di volti infantili carichi di poesia: dal bellissimo pastello su carta Ritratto di ragazza bruna seduta, con le mani incrociate (1879), al dipinto Fernand Halphen bambino (1880) in un serioso ritratto abbigliato da marinaretto, dalla deliziosa Julie Manet (1887) a una tenera Maternità (1885), dal Ritratto del figlio Pierre (1885), come si diceva dalla collezione della GAM, a un altro delicato pastello Portrait de petite fille coiffée d’une charlotte (1900 circa), al celeberrimo Il clown (Ritratto di Coco) (1909), di cui lo stesso Claude, il figlio effigiato, ricorderà la tormentata genesi, dalla romantica Ragazza con il cappello di paglia (1908 circa) alla incantevole Geneviève Bernheim de Villers (1910).
La “recherche heureuse du côté moderne” (Zola)
Qui troviamo cinque opere dedicate a uno spaccato della società moderna e ai nuovi divertimenti dei parigini, dai balli alle escursioni in campagna: inarrivabile è La balançoire (1876) ovvero L’altalena, dove le magnifiche figure della donna, del giardiniere e della bambina accanto all’altalena si stagliano in un giardino dai colori vivissimi. I tocchi di colore stesi per piccole macchie rendono l’effetto della luce solare filtrata attraverso le foglie, creando un’atmosfera di vibrazione cromatica e luminosa, che ne fa una delle massime espressioni della pittura impressionistica en plein air. Da questo capolavoro, il grande scrittore Emile Zola – che incontrava Renoir nel salotto di Madame Charpentier, moglie del suo editore – trasse ispirazione per un brano del romanzo Una pagina d’amore, ambientato in un giardino primaverile. Altro incantevole ritratto femminile esposto è Alphonsine Fournaise (1879), mentre i celebri Ballo in campagna e Ballo in città (1883) ritraggono mirabilmente due coppie in momenti spensierati del loro tempo libero.
Le Jeunes filles au piano
Il celeberrimo capolavoro Jeunes filles au piano (1892) è stato il primo dipinto di Renoir a entrare nelle collezioni di un museo francese. Accanto ad esso è esposta un’altra splendida tela: Yvonne e Christine Lerolle al piano (1897-1898 circa) e due soggetti legati alla musica: il famoso ritratto di Richard Wagner, ritratto a Palermo nel corso di un memorabile incontro tra Renoir e il compositore tedesco, e quello di Théodore de Banville (entrambi del 1882).
“Beau comme un tableau de fleurs” (Renoir)
Piccola sezione di opere straordinarie: i bouquet di Renoir sono magistrali nella tecnica e nei colori, è uno dei temi dove l’artista sperimenta maggiormente. “Quando dipingo fiori – dichiarava – sperimento audacemente tonalità e valori senza preoccuparmi di rovinare l’intera tela; non oserei fare lo stesso con una figura.” La varietà di sfumature nei colori è davvero impressionante: Renoir gioca con la tavolozza, con pennellate morbide e delicate, evocando i profumi dei fiori che a loro volta rimandano a sensazioni e ricordi.
“Le nu, forme indispensable de l’art” (Renoir)
È una sezione capitale della mostra, con opere fondamentali nella carriera di Renoir, che aveva sempre manifestato un profondo interesse per l’arte italiana rinascimentale, ammirando le opere di Raffaello, Tiziano, e il barocco nordico di Rubens, da cui assimila le forme morbide e languide e un cromatismo pieno, che fanno parte della sua cifra stilistica riguardo al modo di trattare la figura femminile.
“Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che faranno vivere e vibrare la carne sulla tela” – affermava il pittore.
In mostra, cinque tele spettacolari, tutte dipinte nell’ultimo periodo della sua vita, tra il 1906 e il 1917: Femme nue couchée (Gabrielle) (1906), Grand nu (1907), La toilette (Donna che si pettina) (1907-1908), Nudo di donna visto di spalle (1909), Odalisque dormant (1915-1917). E una imponente scultura in bronzo, l’unica opera plastica in mostra, Eau (La Grande Laveuse accroupie) (1917).
L’eredità delle Bagnanti
All’ultimo fondamentale capolavoro di Renoir, Le bagnanti (1918-1919), è dedicata la “chiusura” della mostra. Il quadro è emblematico delle ricerche effettuate dall’artista alla fine della sua vita. Qui vi celebra una natura senza tempo, da cui ogni riferimento al contemporaneo è bandito. Le bagnanti sono da considerarsi il testamento pittorico di Renoir. È in questo spirito che i suoi tre figli hanno donato il quadro allo Stato francese nel 1923. Le due modelle sdraiate in primo piano e le tre bagnanti sullo sfondo della composizione hanno posato nel grande giardino di ulivi a “Les Collettes”, la tenuta del pittore a Cagnes-sur-Mer nel Sud della Francia. Il paesaggio mediterraneo riporta alla tradizione classica italiana e greca, quando “la Terra era il paradiso degli dei”. “Ecco quello che voglio dipingere”, diceva Renoir. Questa visione idilliaca è sottolineata dalla sensualità delle modelle, dala ricchezza dei colori e dala pienezza delle forme. Queste figure devono anch’esse molto ai nudi di Tiziano e Rubens, tanto ammirati da Renoir. Fanno trasparire un piacere di dipingere che la malattia e le sofferenze del pittore alla fine della sua vita non hanno sconfitto.
Mario T. Barbero
Pubblicato il 2013-10-04 02:11:05.
Questa pubblicazione è stata richiesta 35368 volte.